venerdì 24 febbraio 2012

Un pomeriggio con le ombre di Franci

Sarà la primavera. Anche se non è ancora primavera. Però ci sono 16 gradi fuori, un bel sole che scalda e scioglie i rimasugli di neve. E quella voglia di non fare nulla che è un pò diversa dalla mancanza di voglia in generale. E' quella sensazione di sapere esattamente cosa si vuole fare: nulla. Stare seduti sui gradini davanti casa a vedere come cambia il colore del cielo man mano che il sole si sposta, vedere se l'ombra degli alberi gira davvero intorno al tronco, sentire l'aria sulla faccia e aspettare con calma di essere investiti dalle fiamme del tramonto. Ultimamente ho imparato come gira l'ombra degli oggetti sulla mia scrivania o di che colore diventa la piazza del Tribunale durante la giornata e quante persone passano sotto la mia finestra. Ma oggi sono a casa. Niente atti da scrivere. Solo io e i movimenti delle ombre. E questi sono i momenti in cui mi piace davvero stare da sola. Quando mi siedo qui in cucina e scrivo quanto è bello guardare le ombre, magari ascoltando una bella canzone (a proposito, se volete fare come me, leggendo questo post ascoltate "The other side of the world" KT Tunstall, ma una colonna sonora alternativa potrebbe essere "Hallelujah", quella di Jeff Buckley) e lasciando che le mie parole seguano la melodia, come se scrivessi le lettere sul pentagramma di quello che sto ascoltando.
E appunto stavo dicendo che sarà la primavera, ma oggi  ho proprio voglia di fare nulla.  Per peggiorare la situazione ho deciso di andare in aula tutor, dove regna il solito clima da pollaio, nemmeno i giri delle ombre sono cambiati lì, nemmeno gli odori. E dire che si trova in un edificio completamente diverso! E anche le persone sono sempre le stesse. C'è C che si laurea e c'è R che impartisce ordini. Ovviamente c'è Marmotta (che oggi era in ferie, ma di solito non perde occasione di fare commenti lusinghieri sulle mie gonne..) e una nuova custode, I, che prima è venuta a sgridarci per il pollaio, poi si è unita a noi per mangiare la Nutella. Poi c'è M, che insieme a V, mi offre sempre ottimi spunti per tediarvi da questa piccola finestrella che è il mio blog. Oggi, mentre parlavamo ingollando Coca Cola, ho immaginato cosa succederebbe se M veramente scappasse in Brasile come ogni tanto minaccia di fare (e io non ci credo nemmeno per un attimo). Mi sono costruita un trailer (ormai sono più i trailer che mi faccio di quelli che vivo). Io e V. l'avremmo seguito a ruota. Come dicono gli Ex-Otago in "Costa Rica": sole, mare, pollici alzati, pappagalli che ripetono il mio nome. V. dice sempre che è troppo facile fare come fa Fabio Volo e trovare se stessi in un altro Paese, durante un viaggio, lontano da tutto e da tutti, pervasi da quel senso di libertà che solo un cielo stellato sconosciuto sopra la testa e una borsa vuota, tutta da riempire, sanno dare. Il difficile è trovarsi qui. Andando tutti i giorni in ufficio, facendo la stessa strada e parlando con le persone con cui si parla ogni giorno. Io sono sempre stata d'accordo, però mi chiedo anche cosa ci sia di male nel trovarsi in un posto con i pappagalli che sanno dire "Franci" e dove il mare potrebbe non farmi venire l'orticaria. Certo, è un pò difficile immaginarmi prendere il primo aereo per il Brasile proprio ora che il giro della mia ombra è proiettato verso obiettivi condivisibili. E questi sono i momenti in cui stare sola mi pesa. Perchè quando mi prende questa malinconia e la voglia di pappagalli, vorrei avere qualcuno da chiamare. Meglio, qualcuno che percepisca telepaticamente la mia malinconia e mi chiami, oppure venga da me con un pasticcino. Voi non lo sapete, perchè questo post lo leggerete in pochi minuti, ma io ci ho messo circa due ore per arrivare fin qui, quindi la posizione delle ombre è cambiata, ora sta entrando il rosso dalla finestra e ancora mi immagino su una spiaggia con uno spritz dentro un mezzo ananas, con un pareo fuxia e un cappello con i fiori. La canzone che sto ascoltando dice: "she's waiting like an iceberg, waiting to change. But she's cold inside, she wants to be like the water". Ecco. Forse ho bisogno di un sole abbastanza caldo da sciogliere l'iceberg, a Varese non si può certo dire che il sole sia caldo a sufficienza. Magari in un posto dove i pappagalli dicono "Franci" si. Che poi ci chiedevamo a vicenda (sempre bevendo la Coca che, essendo il nettare degli Dei, poteva benissimo falsare la risposta) se fossimo felici. Abbiamo appurato anche che la felicità non è duratura ma gira e cambia come le ombre intorno agli alberi. E allora quando raggiungiamo un momento di felicità vera, poi dobbiamo ricominciare daccapo a cercarne un altro. E ci si può sentire un pò bene anche nella ricerca? Beh si, finchè si vede un pò di sole. Perchè finchè c'è il sole possono esserci anche le ombre che girano.
Ecco, l'aria ora è viola e rosa. Il crepuscolo è il mio momento preferito della giornata, trovo che abbia un'atmosfera bellissima e ora si, chiamerei qualcuno per sapere se sta guardando quanto somiglia il colore del cielo a quello della carrozzeria della mia macchina. E gli racconterei di quel balcone minuscolo a Barcellona, dove mi sedevo rannicchiata per terra a guardare come giravano le ombre lì e a sentire il profumo che usciva dalla pasticceria di sotto e ad ascoltare il rumore dei passi in una lingua diversa che passavano in strada. E la risposta sarebbe: "Andiamo a Barcellona". "Si". Anche se sappiamo che non è vero.

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