giovedì 28 giugno 2012

L'Esercito delle Tenebre è in camera mia

Sono le 04.18 del mattino e vorrei esprimere tutto il mio sdegno.
Per prima cosa sappiate che l'Esercito delle Tenebre dei vampiri, pippistrelli e zanzare tigre ha stabilito il proprio quartier generale in camera mia. Ancora non ho scoperto dove, ma nn posso credere che tutto ciò che si sta dipanando sul mio corpo sia generato da un animale solo. 11, no lo ripeto 11, lo ridico ancora UNDICI punture sparse ovunque! Ho il mignolo destro grande come una zampogna e non riesco nemmeno a piegarlo, lo stesso per il quarto dito del piede sinistro, sull'insice della mano destra oltre al gonfiore c'è anche un bellissimo pallino grande come l'unghia. Poi una sul polpaccio sinistro, una sull'avambraccio, sul gomito e sul polso sinistri, rigonfiamenti irregolari, una sul polso e una vicino al gomito destri, gonfissime. Dulcis in fundo, in vero stile Twilight, c'è quella sul collo, a destra. No, cioè, ma questi prodotti dell'inferno non hanno qualcosa di meglio da fare che torturare me?! Che poi sono furbe!!! Si sono evolute! Non ti ronzano più nelle orecchie, che poi ti svegli, le cerchi e le spiaccichi!! No! Ora ti pungono e basta, così tu passi la notte a macerare nel prurito una volta qui e una volta lì, accendi la luce cerchi, non trovi, si nascondono nelle ombre, dietro i pelouches, nelle pieghe dei vestiti sulla sedia, sotto al letto... Ma pungessero l'Uomo Nero sotto al letto!! No, anche lui è scappato da qui, dal territorio dei mangiatori di sangue...Nemmeno Sqweegel vuol più stare in questa camera!
Che poi vorrei dire una cosa a quelli di Real Time:
Carissimi,
io vi adoro, lo sapete, siete la mia droga, forse è per questo che se le mefistofeliche creature vomitate dalle radici del Male mi assalgono accendo la tv e vi guardo, nella speranza di riusire almeno a chiudere gli occhi un paio d'ore.
Ecco, sappiate (questo valga come ricerca di marcketing generale) che se uno vi guarda alle 4.30 o è perchè sta tornando a casa, o è perchè sta andando a lavorare o è perchè soffre d'insonnia e vorrebbe dormire. Nel primo caso probabilmente il Tizio in questione sarà troppo ubriaco per non dormire e accende la tv solo per avere un sottofondo amico nella solitudine della notte. Nel secondo caso Tizio avrà bisogno di rimanere sveglio il tempo necessario per farsi un caffè e uscire di casa. Nel terzo caso il Tizio sono io e NON VOGLIO VEDERE PROGRAMMI SUGLI ESORCISMI E SUL DIAVOLO!!!
Grazie per l'attenzione, ora vado a continuare il mio safari alla ricerca dei generali dell'Esercito prima che il delirio si impadronisca definitivamente del mio cervello.

martedì 26 giugno 2012

Cuore in affido

Oggi in Tribunale, invece di ascoltare il Giudice (si, lo ammetto...), leggevo un libro. Nel libro si diceva che il nostro corpo altro non è che una cassaforte per il cuore. Che tutto parte dal cuore, che il cuore è custode della parte più importante di noi perchè contiene le emozioni, i sentimenti, i desiderata...ed è anche la parte più forte perchè sopporta pesi enormi, come la solitudine.
Conoscete 4'33'' di John Cage? E' un componimento musicale per strumento e cuore. Il compositore da istruzioni al musicista di non suonare per un tempo stabilito in ogni movimento per un totale di 4 minuti e 33 secondi. In questa frazione temporale il musicista è come sospeso e non deve far altro che star fermo davanti al proprio strumento e ascoltare i battiti del proprio cuore. Che dicono? Suggeriscono un ritmo, una melodia? Sussurrano parole d'amore e di ricordo? Solo loro sanno cosa dice il cuore ma, da musicista a musicista, il sussuro sicuramente cambia, rendendo ogni esecuzione unica in assoluto e riempiendola, di volta in volta, della personalità di chi partecipa.
Riflettendo su questa cosa, mi è tornata in mente quella volta in cui sono andata a visitare con la mamma e il fratello non ricordo quale museo d'arte contemporanea di Milano vicino alla Bicocca (Bicocca Village?). Oltre alle varie installazioni di abiti usati e mucchi di calcinacci, oltre ai video di gabbiani al Polo Nord riprodotti in loop, c'era anche una galleria in cui si poteva entrare e, al buio, ascoltare i battiti di migliaia di cuori. All'esterno del museo c'era un gabbiotto in cui ognuno poteva essere partecipe di quest'opera e far registrare il proprio battito da riprodurre insieme agli altri nella galleria, ognuno unico ma unito  agli altri per formare una specie di pulsante sentimento comune. Potevo mai rinunciare a lasciare la mia impronta in cotale monumentale opera? Certo che no. Il mio battito è ufficialmente censito e potete sentirlo, insieme agli altri, se riuscite a recuperare traccia di questa avvenieristica iniziativa. Tra l'altro l'artista si proponeva non solo di proiettare l'avventore in questa galleria di voci misteriose, ma anche di raccogliere e catalogare il maggior numero di battiti cardiaci al mondo. Una specie di collezione del cuore. Una bella idea, no? Anche io lo faccio. Ultimamente, quando trovo un cuore per strada lo fotografo. Ho un sacco di foto di cuori. Sapeste quanti ne trovo, anche per caso: coriandoli a forma di cuore per terra calpestati senza pitetà, cuori stampati sulla tazza del cuoco intravista dalla fessura della porta della cucina di un ristorante, cuori incisi sui banchi delle aule penali del Tribunale (ebbene sì, praticanti del Foro di Varese in ascolto, vi sfido a trovarlo!), l'altro giorno ho trovato anche dei cuori indirizzati ai marziani (scena surreale: io e G. che camminiamo in via Veratti e, ad un certo punto, ci atterrano davanti 3 palloncini mezzi sgonfi con attaccato un foglio recante un messaggio per i marziani...ho foto che possono provarlo).
Ma per venire al succo di questo discorso molto rosa e molto pulsante, che posso dire?
Il cuore... il cuore... sole cuore amore.
Una metafora scontata, una rima inflazionata e una parola abusata.
La voce che mi parla quando nessun altro lo fa, l'amico che sa sempre cosa è meglio per me, il famoso cassetto dei miei sogni, la custodia dei gioielli più belli e più splendenti, ma anche il serbatoio del peggiore dei veleni. 
La linea intercettata dalla Procura del mio cervello, il cavallo che galoppa verso l'infinito e oltre, la vela spinta dalle note della mia musica e musicista di sinfonie composte e comprese solo dal mio petto.
Il misterioso pozzo profondo che contiene il meccanismo del quadrante del mio personalissimo orologio, il cronometro del mio tempo, il metronomo del mio ritmo.
E tutto così fragile. Esposto, come dire, alla pubblica fede. Abbiatene cura.

mercoledì 13 giugno 2012

Una frangia d'amore

Ok. Volevo provare l'ebbrezza di scrivere un post in diretta dalla sspl (come a confermare, per gli scettici, che ci vado davvero...). Dunque eccomi qui, direttamente per voi dall'esercitazione di procedura penale. Eddai, sono le 18.30 e nessuno sta ascoltando, fa caldissimo e sto morendo di fame, potete biasimarmi? Direi di no. Il guaio è che non ho nulla di cui parlare nello specifico in questo post, ma visto che sono latitante da un pò, mi sembrava giusto intervenire giusto per farvi sapere che ci sono ancora (magari non vi interessava, ma questo è il mio blog e ci scrivo quello che voglio, voi non siete obbligati a leggere).
La verità è che ho sviluppato la convinzione che alla fine questa scuola non sia altro che una gara di resistenza fisica e mentale. Nel senso che il mio cervello ha raggiunto lo stesso livello di saturazione di una salina di Trapani e sta cominciando a secernere informazioni inutili che non trovano più spazio nei celeberrimi cassettini. Ormai nemmeno facendo il cambio stagiponale potrei far entrare qualche altra informazione nel cervello. Non ci sta più nulla. Pieno. Sold out. Full. No vacancy. Ormai le parole fluiscono libere e senza filtro dalla testa alla bocca senza che io ne abbia alcun controllo. La situazione personale è anche peggio, perchè le parole contenute nel cuore passano anche loro senza filtro alla bocca e va a finire che tra le une e le altre si crea una enorme confusione assolutamente fuori controllo. L'immagine che ho sviluppato è quella di un bicchiere d'acqua in cui si versa della sabbia: bisogna aspettare che la sabbia si depositi sul fondo, perchè l'acqua torni limpida. Invece qui dentro c'è un continuo versare sabbia e shakerare, agitare, e versare ancora...Credo di aver seriamente bisogno di una vacanza.
Oggi ho trovato appeso al muro del teatro di Varese un annuncio (di quelli con le frangette di numeri): "AMORE, Prendine quanto te ne serve." e sotto, nelle frangette, c'era la scritta "amore". Ne ho staccata una e ho fotografato l'annuncio. Mi sembrava una cosa bella. Certo, se avessi veramente preso tutto l'amore che mi serve avrei staccato tutte le frangette...E non ce ne sarebbe stato più per gli altri. Allora ho riflettuto sul fatto che l'amore è escludente, se qualcuno se lo prende tutto non ce n'è più per gli altri (parlo ovviamente di amore in senso umano, non in senso puramente cristiano, quello è un amore universale della cui esistenza non vorrei entrare nel merito). Ma è anche una di quelle cose che, come dire, fa bene ad essere così.
Al di là di ciò, trovo che l'iniziativa dello sconosciuto (che, più probabilmente è una sconosciuta..) sia mirabile, un pò come free hugs, conoscete? Ragazzi che girano per il mondo abbracciando la gente. Loro dicono che lo fanno  contro la discriminazione e per la diffusione della pace e cose del genere. Voglio dire, bella iniziativa, ma obiettivo poco concreto. Il punto è che, tante volte, si ha bisogno di un abbraccio o di una frangetta d'amore, gratuita, sconosciuta, innocente e confortante. Ho fatto un sorriso. E per quei dieci secondi in cui questa cosa è rimasta nella mia mente, prima di tornarci poco fa, mi sono sentita piena d'amore. Poi è passato. Come uno starnuto, veloce e squassante. E' bastato poco. Appena una frangia d'amore. Ormai resta quello.

venerdì 1 giugno 2012

La mia prima volta

Ho avuto una strana sensazione stamattina. Il Tribunale sembrava un posto diverso: chiuse le porte dell'aula D, sembrava addirittura di non essere in Tribunale. Ho notato l'arredamento trash-chic con lampade di tre colori che proiettano luci sugli archi a sesto acuto che sovrastano le finestre, la bandiera italiana un pò sbrindellata e con il bianco ingrigito, le sedie scompagnate che si accumulano, secondo la moda del momento, almeno dagli anni '70, i microfoni un pò incantati che, sssssssa ssssssa prova prova, tagliano le frasi del Giudice a metà.
Quando ero piccola, la mamma mi portava con lei nella scuola in cui insegnava e mi lasciava con la suora portinaia mentre lei faceva il collegio docenti o gli scrutini. Io, eludendo la sorveglianza sonnecchiosa della suora occupata prevalentemente a ricamare centrini, me ne andavo a zonzo per i corridoi alti e silenziosi, lunghissimi e luminosi. Mi aggiravo spiando nelle aule deserte e apprezzavo la penombra e l'odore di carta e di matite colorate. Le mie stanze preferite in assoluto erano l'aula di scienze e il teatro (si, era una scuola meravigliosa, almeno nei miei ricordi d'infanzia). Nell'aula di scienze c'erano vetrinette che lasciavano intravvedere modellini del corpo umano, vasi pieni di formalina e sconosciute forme ingrigite il cui mistero era svelato da adesivi ingialliti e sbiaditi. E poi c'era un gufo impagliato, lo adoravo. Il teatro invece era grande e aveva le poltroncine rosse. Mi divertivo a cambiare poltroncina per valutare da quale posizione si vedesse meglio il palco, poi salivo sul palco e cantavo Bennato. Tutto questo, per dire che guardando il Giudice e la bandiera sbrindellata dietro di lui, oggi, specialmente l'asta della bandiera, mi sono tornati alla mente quei momenti un pò ancestrali, un pò viscerali di quando accompagnavo la mamma al lavoro. Non so per quale motivo. Quelle sedie, quell'odore, quella luce, quei pannelli di legno smangiucchiati dal tempo, l'atmosfera da ufficio pubblico, di quelli con le pareti gialline, l'orologio marrone cubico appeso al soffitto e, alla parete, il calendario dei carabinieri, una veduta assolutamente anonima e la foto del Presidente della Repubblica. Ci si accorge che il tempo passa solo quando cambia il Presidente della Repubblica. Ecco, ho avuto la netta sensazione che lì dentro il tempo non passi, visto che non c'era la foto del Presidente della Repubblica. C'era solo la scritta "La legge è uguale per tutti" e non ho saputo ricondurla ad un epoca storica particolare, di certo non è un segnale di modernità. A conferma che lì dentro il tempo è fermo all'Assemblea Costituente. In effetti, seguendo lo stream di pensiero di questo inutile post, in un'altra aula del Tribunale ho trovato un'atmosfera da tempo immoto: l'aula H. Lì però è una caratteristica triste: alle pareti sono appesi ritratti di grandi giuristi del passato. Vecchi. Tutti. Cioè, lo so che il giudizio di grandezza di una persona va operato ex post, a posteriori, mica si può sapere in anticipo se qualcuno compirà grandi gesta. Ma vedere quei ritratti di vecchietti mi fa una certa tristezza. E' come se fossero lì ad osservare le mancanze dei giovani, a fissare nell'immobilità delle loro espressioni risultati che non raggiungeremo mai, diffondendo nella polvere la convinzione che si stava meglio quando si stava peggio e che nulla di buono ci si può aspettare da questa generazione perchè il bello e il buono che c'era nell'uomo si è esaurito nei mustacchi dei vegliardi e nella severità del loro sguardo. Come quel ritratto, nella stanza accanto alla tua, ti ricordi? Non da la stessa sensazione? Lascio a questo blog una disposizione da applicare se dovesse capitarmi la fortuna di entrare nel novero di coloro che vengono definiti "padri della materia" (di una qualsiasi materia, chissà...): io voglio che la mia fotografia nelle stanze delle istituzioni pubbliche mi ritragga giovane. Non perchè io sia particolarmente bella, o (tanto meno) fotogenica. Ma perchè trovo che sia più utile avere davanti l'immagine di un giovane che ce la può fare piuttosto che quella di un vecchio che ce l'ha fatta, no? E' la regola della potenza.
E con questo vi ho raccontato le mie più o meno deliranti  sensazioni durante la mia prima volta ad una udienza penale (si, ero molto attenta all'udienza..).