venerdì 22 aprile 2011

La modernità del conformismo

Bene. Eccoci qui.
Ieri sera sono stata ad una delle più noiose conviviali della storia (se la gioca con quella sull'Africa...). Abbiamo cominciato a mangiare all'alba delle 10 e mezzo (almeno la relazione sull'Africa l'avevamo ascoltata a stomaco pieno..).
Nonostante tutto, ho trovato piacevoli spunti da condividere con voi.
Il tema della serata oscillava tra il sociologico e lo psicologico mantenendo come sfondo il trattamento dei c.d. "nuovi sintomi" di psicosi che affliggono il nostro tempo (tossicodipendenza, anoressia etc.).
Il Relatore sosteneva che la nostra società capitalista e consumista ci spinge a concentrare la nostra attenzione su qualcosa che in realtà non ci appaga. Ciò, secondo il suo pensiero, formatosi sulle teorie psicanalitiche Freuidiane, è dovuto al venir meno dell'importanza della figura paterna, non solo all'interno del nucleo famigliare, ma anche nella società intera, con riferimento ad alcune figure analoghe (il Papa, il Presidente della Repubblica...). Questa mancanza del padre come figura di "leader carismatico", ci impedirebbe di riconoscerci in movimenti, come dire, di identità collettiva, come lo Stato, il Cristianesimo, il Comunismo...
Ora, tralasciando ogni mio personale commento o critica sulle teorie Freuidiane, durante la relazione, mi è sorta spontanea una domanda.
Alberoni (sto leggendo "Innamoramento e amore"), sostiene che l'innamoramento è lo "stato nascente di un movimento collettivo a due" ove, per movimento collettivo si intende proprio uno di quei fenomeni di identità collettiva di cui parlava il Relatore, come lo Stato, il Cristianesimo, il Comunismo.  Ovviamente l'innamoramento tra persone sarebbe una versione infinitesimale di un movimento collettivo, che prevede la presenza di due soli individui; ma Alberoni sostiene che i meccanismi che ci spingono verso un altra persona sono gli stessi che ci spingono ad identificarci in una determinata ideologia che prevede la presenza di un "leader carismatico".
Dunque, compiendo un semplice sillogismo, se il nostro illustre Relatore sostiene che non siamo più capaci di identificarci in un movimento collettivo, significa che non siamo più capaci di innamorarci?
Ho posto la domanda a T., sottovoce, mentre il Relatore continuava a elucubrare. Lei mi ha risposto che il numero di matrimoni è inversamente proporzionale al numero di divorzi e che quindi la risposta scontata è sì.
Ma, a ben pensare, ciò che porta avanti un matrimonio (ci tengo a sottolineare che comunque io intendevo "innamoramento" in senso più lato...qui bisogna specificare tutto, altrimenti passo per la solita donnetta che non sa fare altro che parlare di "amore romantico" e tutta la serietà del mio discorso si trasforma in tristissima banalità) non è l'innamoramento ma l'amore, che subentra, sempre per Alberoni, in un momento successivo ed è un sentimento un pò più...intercambiabile. Quindi, se mai, il dato riportato da T. dimostra che non siamo più in grado di provare amore.
Io invece intendevo sostenere che, forse, questa crisi delle istituzioni, delle grandi ideologie, è dovuta al fatto che nulla più ci scuote, tutto è noia (non "tutto il resto"...proprio tutto tutto), tutto è uguale, aborriamo il conformismo, alla continua ricerca di una identità personale e non sociale, immersi in un mondo che non fa altro che propinarci una serie di stereotipi infinitamente più conformati di quelli che rifiutiamo con tanta convinzione.
Il Relatore lamentava che tutti, in preda a questa "mania di sentirsi speciali e unici", pretendono che anche i loro sintomi siano unici. Secondo il suo eminente parere, sarebbe auspicabile un ritorno al conformismo in pieno stile Mao (non in senso politico...semplicemente era un'immagine che secondo me rendeva bene l'idea..).
Quando ho raccontato questa cosa a V., mi ha risposto che tutti sono speciali. Che sia questo il conformismo moderno? Se tutti siamo speciali, in fondo, è come dire che non lo è nessuno.
Eppure è difficile negare, secondo me, che certe persone siano speciali, che abbiano più carisma di altre. Al di là del carisma, comunque, sono sempre più convinta che quello che fa davvero la differenza siano le esperienze.
"Balliamo" "Perchè?" "Per poterlo ricordare" (vi sfido ad indovinare la citazione ma, per inciso, ci tengo a dirvi che credo che questa sia una delle cose più romantiche che un uomo possa dire ad una donna. Riformulo: credo che questo sia uno dei concetti più romantici che un uomo possa esprimere ad una donna...non impuntiamoci sulla danza..). E' l'assunto mentale che ho messo in pratica oggi con V. e C. quando, in un'Università completamente deserta, abbiamo fatto le corse per i corridoi con le sedie dell'aula tutor. A volte si fanno cose che non hanno senso ma che vale la pena sperimentare per il solo fatto di poterle ricordare. E poi, come ha detto V.: "Chi altro può dire di averlo fatto?".                                                                                                                                                                                                                                                                                                        

mercoledì 20 aprile 2011

Tre giuriste sui tappeti elastici

La giornata di oggi è cominciata con un bidone.
Sì, le mie amiche, quelle che vantano lo spirito avventuroso che dovrebbe contraddistinguere le Women on a Mission, hanno preferito dormire piuttosto che cominciare un'altra splendida giornata...e mi hanno lasciata da sola al bar con un messaggino a distanza di 3 minuti l'una dall'altra...Sicchè, derisa dal barista, me ne sono andata in Università dopo un solitario caffè.
Credo che oggi l'aula tutor sia stata teatro di uno dei più bassi spettacoli di pollaio mai visti (anche se credo che, impegnandoci, riusciremmo a raggiungere livelli anche inferiori). Il colmo è stato raggiunto quando A. è passato davanti alla porta aperta dell'aula trovandosi davanti il seguente fotogramma: M. che agitava la mia mano verso T. (new entry) e C. che gattonava sotto la scrivania, il tutto condito da un disordine abissale. Ora, per chi conosce A. (e sono certa che molti lettori lo conoscono) non dovrebbe essere difficile immaginare quanto ci siamo sentiti in imbarazzo e con quanta concitazione io cercassi una pala per scavare una fossa e sotterrarmi. Però C. ha detto che quando è passata davanti al suo ufficio l'ha visto sogghignare...col suo ghigno cattivo da lato oscuro della forza. Che poi, dopo la battuta che ha fatto oggi su L., ha perso ogni rispetto che potevo avere per lui...cioè si merita di essere eliminato dal novero dei nostri supereroi, come minimo.
La mission del pomeriggio: in gita al lago sui tappeti elastici.
Ebbene si. Trovo che ci sia qualcosa di poetico e di patetico (che poi, in realtà, che distanza cè tra il poetico e il patetico? Non è forse poetico e patetico insieme Chaplin? Va beh...) in tre giuriste quasi laureate che saltano sui tappeti elastici.
Forse è questa la nostra licenza poetica, quel quasi. Quel non ancora. Il vuoto allo stomaco della fase discendente del salto è una sensazione molto simile a quella fiammella che brucia al livello del cardias di cui parlavo qualche post fa. Una specie di ansia da cambiamento, ansia positiva, ma pur sempre ansia.
E non è detto che, nella vita, ci sia sempre una rete elastica sulla quale cadere. Ma l'emozione che si prova nel tendere verso il cielo, anche in un banale salto...vuoi mettere?

martedì 19 aprile 2011

Mission: Como

Le Woman on a Mission, al completo, migrano a Como. Obiettivo: ricerca bibliografica per la tesi.
Anche stavolta, nonostante la mia guida spericolata, siamo arrivate sane e salve a destinazione.
Non vado molto spesso a Como: nonostante le probabilità di incontrare George Clooney si alzino notevolmente in riva al lago, preferisco di gran lunga Milano. E comunque oggi mi sono vista costretta a riconfermare la brutta opinione che mi ero fatta della città. Raramente ho visto un posto più sporco. Cioè, c'erano schifezze per terra ovunque, anche in centro. Uno spettacolo davvero triste e incivile. Per non parlare del fenomeno del "parcheggio selvaggio"! Io credevo che la viabilità di Varese fosse pessima. Ecco, non avevo mai guidato a Como! La gente parcheggia in mezzo alla strada, letteralmente! Mettono le quattro frecce e si fermano! E chissenefrega se dietro c'è mezzo chilometro di coda! E vogliamo parlare di questa tanto decantata biblioteca di giurisprudenza? Do atto che ci sono tutte le riviste e i testi che ci servono. Ma 5 euro per 100 fotocopie mi sembra una ladrata! No, davvero! Noi di Via Ravasi saremo anche sfigati e tutto ma 200 fotocopie le paghiamo 2 euro! E non hanno nemmeno la pinzatrice (non la prestano perchè gli studenti finiscono i punti...).
Abbiamo concluso che la sfiga non è una prerogativa di Via Ravasi, me si espande sull'Università intera sotto diverse forme (è l'enunciato del Primo Teorema di W.O.M.).
E comunque la ricerca scientifica ha confermato (Secondo Teorema di W.O.M.) che la temperatura tropicale non è una caratteristica solo del dipartimento di diritto privato della Statale, ma di tutti gli ambienti universitari che godono (o dovrebbero godere, in questo caso) di un certo livello di credibilità. Secondo la teoria di V., eminenza in materia, la calura favorisce il rimorchio (attraverso una indotta propensione all'abbigliamento scollacciato). Ecco perchè in Via Ravasi vige un rigido clima da covata dei pinguini: da noi non si rimorchia!
Dopo una ricerca durata fino alle due (per chi fruttuosa, per chi no), era d'obbligo lo schifezzopranzo (che sto ancora digerendo, per inciso) da Mc Donald's.
Il Mc Donald's di Como, oltre a puzzare di piedi, ha l'assortimento aggiornato al 2007...E le patatine flosce.
Dopo un giro in centro, durante il quale abbiamo perso ogni vergogna chiedendo ad una emerita sconosciuta di farci una foto in un negozio (devo dire, però, che questa tizia era molto positiva! Voleva scattarcene anche due! Di solito la nostra irruenza spaventa a morte le persone che tendono a scappare terrorizzate...), ci siamo dirette verso la macchina per tornare a casa. C. e V. hanno provato ad invertirsi i ruoli, ma la cosa ha sortito effetti contrastanti...soprattutto dal punto di vista della navigazione, che mi ha portata a sfiorare lo schianto più di un paio di volte (veeero C.??).
Se all'andata, lo spirito della missione ci aveva portate attraverso la Svizzera senza alcun riferimento tecnologico e senza conoscere la strada (siamo state bravissime, non ci siamo perse nemmeno una volta!), al ritorno lo spirito della stanchezza ci ha spinte a seguire la strada conosciuta (decisamente più lenta) e ad attraversare un bosco popolato da lucciole forse meno che quindicenni in piena attività alle cinque del pomeriggio.
Ammirato il camper con i delfini a casa di C., io e V. abbiamo concluso la mission con una coppetta del gelato più buono del mondo  (il solito, per il quale mi rendo sempre disponibile).
Durante la merenda il tenore della discussione si è addirittura elevato (se possibile): siamo passate da "Cosa è uno Smurf?" (per chi se lo stesse chiedendo... gli Smurfs sono i Puffi...) a "Cosa saresti disposta a fare...? ovvero quali sono le quantità e qualità minime di vantaggi che una fanciulla può aspettarsi di raggiungere irretendo con le sue grazie un professore?" Io suggerivo, nel caso, di stipulare un contrattino, mettere tutto nero su bianco. Ovviamente la maggiore preoccupazione di V. era: "Quale forma diamo a questo contratto atipico?". Sorge spontanea la mia domanda: "Ma sarà poi un contratto atipico?". Altrettanto spontanea la risposta simultanea, in Dolby Surround, dopo un'occhiata eloquente: "Guardiamo sul Sacco!".
Cose da giuristi.
Anzi, peggio.

lunedì 18 aprile 2011

Gli effetti di una risposta maleducata

Ma come si permette?
Si, comuncio con un aggressivo "come si permette?", dando anche del Lei.
Voglio dire...E' laureata, insegna, e' a contatto con gli studenti e con gli amministrativi tutti i giorni, si assume l'impegno di organizzare attività integrative... ma cosa ci guadagna ad essere così scortese? Cioè. Io, nell'esercizio delle mie funzioni (infime funzioni di segreteria, è vero, ma hanno un' utilità anche loro...), mi sono impegnata per scrivere la mail più gentile e rispettosa del mondo per chiederLe una cosa alla quale avrebbe già dovuto provvedere, e Lei mi risponde in due righe striminzite che devo chiedere ad altri. Come se Le avessi dato fastidio, come se non fosse affare Suo relazionarsi con gli studenti per adempimenti di "bassa cucina" (per citare B.). Ora, non pretendo che mi venga espressa tutta la gioia dell'insegnamento, che mi vengano profusi ringraziamenti o che mi si riservi un "buongiorno" (mancante, anche quello), ma almeno non mi prenda a pedate.
Se rapportarsi con gli studenti Le da fastidio, forse ha scelto la professione sbagliata. Se ritiene di possedere una intelligenza superiore dacchè  la Sua sedia si è spostata dall'altra parte della cattedra, e di meritare un contatto lavorativo esclusivamente con suoi pari, forse non dovrebbe proporre (meglio, pretendere) che noi, poveri esseri dall'intelligenza limitata, partecipiamo ai convegni che Lei organizza (anche perchè, cosa possiamo capire, noi tapini, di cotante altissime profusioni di sapere).
Il punto è, carissima (anzi, Chiarissima), che mentre una risposta scortese genera rispetto solo nei servili, una risposta gentile (per quanto ferma) sortisce sempre rispetto sincero in tutti. E, mi creda, c'è sempre da guadagnarci.

giovedì 14 aprile 2011

Arancia ad orologeria rende meglio l'idea

"Se un alieno venisse da me e mi dicesse che ha capito tutto degli uomini-l'amore, la morte, etc- ma mi chiedesse di fargli capire cosa è l'arte io, invece di fargli vedere la Gioconda, probabilmente gli farei vedere Arancia Meccanica".
Ecco. Anche io.
E data l'incredibile popolazione di alieni che sta proliferando in Università, secondo le teorie di Marmotta, avrò la possibilità di rivedere questo film all'infinito (sempre che a questi alieni venisse in mente di chiedere proprio a me cosa è l'arte...perchè potrebbero capitare con qualcuno che confonde l'Overture del Guglielmo Tell di Rosini con l'Inno Italiano...no, non so scherzando, è successo...e posso solo aggiungere che il protagonista- anzi, la prtagonista- della gaffe non era uno studente...........).
Ma oltrepassiamo con un agile balzo mentale i profondi abissi culturali che affliggono il nostro tempo e parliamo di cose serie.
Quale migliore colonna sonora per questo post, se non la Nona Sinfonia di Beethoven? Secondo e quarto movimento. Il quatro, magari, arrangiato da Wendy Carlos. Delirante. Deformato. Allucinato.
In un post precedente avevo detto (e lo confermo) che se mai avessi provato a scrivere qualcosa sul mio film preferito, avrei inevitabilmente peccato di incompletezza. Quindi non mi ci metto nemmeno. Cioè su Arancia Meccanica bisognerebbe scrivere un libro, non un post. Parte prima: un'analisi scena per scena di musica, dialoghi, inquadrature, scelte di regia, adattamento, interpretazione personale. Parte seconda: commento generale alla pellicola e attualità di un messaggio lanciato nel 1971.
In effetti non lo vedevo da un pò, e comunque prima di ieri sera non l'avevo mai visto, come dire, in grande.
Un orgasmo intellettuale. 
Ricordo perfettamente che una volta, qualche mese fa, in aula tutor, parlavo dei miei gusti letterari e cinematgrafici (impietosamente derisi in quell'occasione), e cercavo inutilmente di spiegare la mia personale teoria del personaggio carismatico (al che B., dando fondo alla sua smisurata intelligenza, mi ha consigliato di leggere Montalbano...Grazie cara, davvero). Ecco, mentre cercavo di spiegarmi, pensavo ad Alex. Al suo modo di vestire, al suo modo di parlare, alla sua ferocia (intesa nel senso latino del termine), al suo dispotismo, alla sua incredibile coerenza. Alex è il mio personaggio carismatico, e forse la cosa emerge ancora di più nel romanzo di Anthony Burgess, scritto interamente in Alexese.
V. mi ha detto di non essere riuscita a stabilire con lui un legame di empatia. Eppure Kubrick ce la mette tutta per tessere questo filo mentale che dovrebbe legarci ad Alex, "il nostro affezionatissimo". Ma non voglio mettermi a sproloquiare sul tema "Giustizia umana o giustizia divina: esiste un Karma giusto?" oppure "La pena come privazione del libero arbitrio: occhio per occhio dente per dente", ne ho già discusso sufficientemente stamattina.
Per ora mi accontento di citare la somma opera nel mio piccolo ed insignificante video.

martedì 12 aprile 2011

Una finestra in aula tutor 2

E va beh.. non è che si possa avere una mission ogni giorno..no? se no poi anche Indiana Jones si stanca...cioè una volta cerchi l'Arca Perduta, una volta mangi cervelo di scimmia nel Tempio Maledetto, la terza volta dici "oggi non mi alzo nemmeno dal letto".
Forse per questo, quando ho chiesto a V. quale fosse la mission di oggi mi ha risposto: "mangiare il gelato". Possiamo affermare missione compiuta... quella di oggi era facile.
Forse perchè a fronte di una giornata complicata, ci vuole una mission facile. Una cosetta da nulla che ti dia una grande soddisfazione: massimo risultato col minimo sforzo. E si può tranquillamente affermare che mangiare il gelato migliore del mondo (veramente...se qualcuno volesse provare l'esperienza sensoriale del gelato di Buosi, io mi rendo disponibile tutto il giorno tutti i giorni, anche più volte al giorno) dia in effetti una grande soddisfazione.
Comunque la Noce di Macadamia (gusto di gelato altamente consigliato, per i profani..) ha avuto fortunatamente un effetto calmante su di me. Si, perchè quando sento certe cose mi vengono i nervi. Più che altro mi sento sfiduciata verso l'umanità in generale.
Già R. è stato intrattabile tutto il giorno. Ci ha chiesto di dargli del "voi". L'aula tutor è stata teatro di elucubrazioni allucinanti. Eravamo in 5 e sembrava che ognuno facesse un discorso tutto suo che gli altri non capivano, o non volevano capire. Era messo in discussione lo stesso concetto di retribuzione. Voglio dire...partiamo dall'assunto di base: se lavoro voglio essere pagata. Mi sembra ovvio.
Però mi rendo conto che in quel posto assurdo che è l'università dell'Insubria, non tutti vengono retribuiti per il loro lavoro. Ci sono decine di persone che prestano caritatevolmente la loro opera per stipendi da fame, che si danno da fare subendo ore e ore di treno per occuparsi di noi, svolgendo mansioni con cui non dovrebbero avere nemmeno lontanamente a che fare (mentre spesso si incontrano lavoratori che non spostano nemmeno un foglio di carta se non rientra nel loro mansionario...C. chiedi ad A. di fare la tesi su questo...). Per questo, se mi viene chiesto di portare a termine un progetto, e a metà della realizzazione mi viene detto che non avrò abbastanza ore di tutorato per portarlo a termine, mi obbligo a pensare a quelle persone e al fatto che, se mollassi, sarebe l'ennesimo progetto che l'università non realizza.
Ma mi vengono ancora più nervi quando vengo a sapere che a creare tutto questo problema è stato uno studente, per mero spirito emulativo...non ho parole.
Comunque, tesoro, te lo comunico: cascasse il mondo finiremo quello che abbiamo iniziato, e poi la segreteria didattica non sarà più teatro delle mie giornate. Avrei potuto contnuare fino a giugno, ma no, lascio a te il mio posto, occupa la mia scrivania, mi porterò via la mia targa della Winter Marathon, la mia bandiera svizzera e il mio entusiasmo sempre malriposto. Ti lascio il mio posto, a te che non hai di meglio da fare che mettere in guardia R. sulla mia disnoestà (cosa che, permettimi, mi ha fatto veramente male..). Ti auguro 1000 ore di etichettatura libri. E verrò di persona a chiederti di prenotarmi elenchi infiniti di testi su internet, perchè questo è quanto di più cattivo la mia stupida coscienza da Alice mi consenta di fare. Evidentemente la tua ti consiglia ben di peggio.

lunedì 11 aprile 2011

Mission failed...game over giammai!

Le W.O.M. in mission a Milano (la nostra location preferita in assoluto...).
Il solito treno delle 13.20 è partito puntuale dalla stazione Nord Varese, e le cavolate sono cominciate subito. Abbiamo spaventato una quantità di ragazzini che dividevano il vagone con noi e poi sono scappati: facevamo troppo pollaio (traspare anche dalle foto che abbiamo scattato, tutto il pollaio che abbiamo fatto...dai tre tentativi di C. di scattare una foto decente a me e V., alla foto dei nostri piedi in autentico stile liceale, alla foto di V. che cerca di pulire la gamba dei miei pantaloni dopo averla sporcata con un calcio, mentre lacrimava dal ridere. Tra l'altro era la seconda risata lacrimosa della giornata... la prima dopo aver visto A. che imitava P. ...una cosa per cui, giuro, vale la pena pagare...).
La mission, come abbiamo spiegato a R, al Central Perk, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, prevedeva uno shopping sfrenato da Kilo Fashion, avvenieristica frontiera della moda a buon mercato. In realtà abbiamo trovato un magazzino freddo e triste, con la musica a palla per confondere le idee ai poveri avventori che tanto non saprebbero come orientarsi comunque in quel dedalo di maglioni e magliette, scarpe e borse...ma diciamolo...chi non sarebbe disposto a spendere un pò di più per comprare le stesse cose in un negozio vero? Cioè, non sto giustificando i prezzi astronomici dell'alta moda milanese, ma vedere una borsa con scritto D&G buttata in mezzo ad un mucchio di altre borse uguali, impolverate e tristi, la rende meno appetibile di una borsa del mercato. So benissimo che mettere una borsa con scritto D&G su uno scaffale lucido tutto per lei, illuminata da un faretto, come se fosse un oggetto preziosissimo, unico al mondo, fa parte di una strategia commerciale per convincermi a spendere migliaia di euro per avere quella borsa... ma per NON comprare quella famosa borsa, preferisco vederla in una vetrina super fashion, piuttosto che in un magazzino triste...no? Perchè se è vero che non spenderei 1000 euro per una borsa in boutique, non ne spenderei nemmeno 10 per una borsa impolverata su uno scaffale buio.
Così la mission è fallita miseramente, anche perchè nè HM, nè Zara, nè nessun altro negozio che proponesse la sua merce al pubblico di Corso Vittorio Emanuele (composto prevalentemente da stranieri...anzi ad un certo punto una russa mi ha detto qualcosa tipo "bushu"...chissà...) è riuscito ad affascinarci adeguatamente.
Ci siamo consolate con il consueto panzerotto da Spizzico in stazione...e sul treno del ritorno abbiamo spaventato un signore chiedendogli di scattarci la foto del ritorno...dopo averci assecondate una volta, quando gli abbiamo fatto notare che la foto era buia e gli abbiamo chiesto di scattare di nuovo, ha battuto miseramente in ritirata, ovvero è letteralmente scappato.
Durante il viaggio il tenore delle discussioni si è alzato...il tema odierno è: "è preferibile la dicitura lavoro parasubordinato o parautonomo?" Abbiamo convenuto che, forse, per come è interpretato nella prassi è meglio parasubordinato, per quanto il legislatore probabilmente si era immaginato una figura di lavoro parautonomo...dicoamo che è un subordinato un po' para....
Arrivate a casa, eravamo un pò abbattute per il fallimento di questa mission, ma d'altronde non  che si può vincere tutte le mission...no?
Comunque...stamattina al bar V. mi ha detto che, d'ora in poi vuole vivere ogni giornata come una mission degna di un post.
Sono d'accordo.
E sono pronta per la mission di domani!

giovedì 7 aprile 2011

Una zanzarina che vola in circolo

Premesso che sono giorni che vivo nell'apatia più totale. Premesso che non ho idea di cosa sto scrivendo perchè la mia testa è vuota (c'è una cosa carina, che si usa spesso dire a chi è un pò zuccone...che ha i criceti nel cervello. Ecco in questo momento non ho nemmeno i criceti...ho una zanzarina che vola in circolo...giusto per rendere l'idea).
Ecco, ho visto "Tempi Moderni". Charlie Chaplin, 1936.
Ammetto che non avevo mai visto un film muto. Sono rimasta molto colpita dal contrasto con i film che ho visto di recente, tutti parole. Qui le sensazioni passano solo attraverso musica e immagini. Perchè quelle quattro parole scritte non si può certo dire che comunichino qualcosa. La recitazione di Chaplin (se così si può chiamare, una pantomima senza parole, per quanto piena di sentimento) è molto più espressiva di quanto mi ero immaginata. Riesce a comunicare tutto solo attraverso il movimento del suo corpo, e forse è anche per questo che spesso questi movimenti si traducono in danze.
Significativo, sempre a mio modesto parere, che le uniche parole vengano proferite o da strumenti meccanici o da figure autoritarie (come il padrone della fabbrica). Ciò che dice Charlot in quella che probabilmente è la prima esperienza di cinema sonoro di Chaplin (dal momento che era abbastanza scettico in merito..) sono parole senza senso, in una lingua inventata, e naturalmente in musica (tutta scritta da Charlie in persona, tra l'altro...che si è occupato anch del soggetto, e del montaggio, oltre, ovviamente, che della regia...).
Se fossi stata padrona di me, guardando il film, mi sarebbe venuto in mente il titolo di quella favola di Rodari che parlava di un omino che finiva bloccato negli ingranaggi di un orologio o qualcosa del genere (mi pare che sia in "Favole al Telefono"...se qualcuno ne avesse notizia...).
Se fossi stata pardona di me pensando a questo post mi sarei sicuramente presa la briga di analizzare il contesto storico o per lo meno sociologico che ha spinto Chaplin ad elaborare un film del genere; l'avrei senza dubbio paragonato a "La guerra lampo dei Fratelli Marx", e avrei cercato le differenze nella rispettiva comicità (meglio tragicomicità). Mi sarebbe piaciuto capire che differenza c'è tra chi negli anni '30 proponeva una critica sociale attraverso un film come "Modern Times", attraverso una risata e una lacrima (perchè, diciamolo...quanto è tenero il finale?), e chi oggi la propone attraverso brutture patetiche come "Draquila".  Avrei voluto capire come si è evoluto il nostro modo di sorridere in più di 80 anni, e fino a che punto Chaplin è ancora attuale.
Invece è venuto questo post confuso...accontentatevi.