lunedì 28 novembre 2011

Cinericetta

Ultimamente deve esserci la moda dei film riciclo. Si, quella moda lanciata da Avatar di non sbattersi troppo per girare un film. In fondo basta prendere un pò di questo, un pò di quello, shakerare e si ottiene... qualcosa che non è nè questo nè quello. Nè carne nè pesce. d'altronde, comedicevo ieri sera, il vino vecchio sta nella botte piccola. Comunque. Prendi un pò di 300, un pizzico di Hercules, Robin Hood Q.B., aggiungi una noce, ma solo una che poi è troppo, di Caligola, mescola versando un filo di Troy e Pirati dei Caraibi, solo il tuorlo di Ben Hur, e spolvera tutto con abbondante Kill Bill.
Inforna per un'oretta e mezzo e...voilà, il tuo "Immortals" è pronto!
Ecco diciamo che mancavano solo le Muse che cantavano. Purtroppo, come al solito, le migliori intenzioni dei registi vengono frustrate dalle necessità di mercato (almeno, spero che il motivo sia il mercato e non davvero il gusto dei registi se no siamo messi male...). E quindi ecco che ci troviamo di fronte a pellicole che riescono meglio a Walt Disney (e mi riferisco anche al rapporto Avatar/Pocahontas) che a Mikey Rourke (tra l'altro...nota di approvazione per Mikey Rourke e il suo cappello da aragosta...era l'unico calato nel ruolo!). Scena notevole: una specie di vestale veggente, si lascia scivolare il peplo di dosso davanti a Teseo (dando le spalle al pubblico non so se mi spiego...). Risultato? Un primissimo piano in stile pubblicità della Roberta delle terga della bella veggente, capitolata innanzi al fascino dell'eroe. Ho riso mezzora e rido tuttora ripensandoci!
Ma d'altronde, ormai lo spettatore medio, ha decisamente il gusto dell'orrido. Certo anche io ho il gusto dell'orrido, a volte, però mi pongo dei limiti. Ormai la televisione di limiti non ne ha più. In nessun senso e in nessun caso. Voglio dire, passi il Grande Fratello, programma idiota per antonomasia, ma che perfino quei programmi che pretendono di essere seri passino una quantità di spazzatura quasi intollerabile, mi suona strano. E' che si confonde il giornalismo con il sensazionalismo. Vi porto un esempio su tutti (ma ne avrei almeno altri 300 di gusto ancora peggiore..): processo a porte chiuse? E chi ci ferma a noi?! Facciamo il servizio col cellulare! Riprendiamo l'udienza col cellulare e la mandiamo in onda! Eccerto...tanto...

giovedì 17 novembre 2011

Un Sacco di....

Oggi SUPERmission. Col SUPER maiuscolo.
Ovviamente il destino avverso, che ha deciso di ostacolarci per quanto possibile, non ha tenuto conto della forza di volontà delle wom (che si chiamano wom mica per niente). Sta di fatto che la congiuntura astrale che ha voluto che proprio oggi, tra tutti i giorni disponibili, i sindacati si mettessero in testa che era assolutamente necessario attuare uno sciopero generale dei mezzi, non ci ha impedito di prendere la macchina e trasferirci a Milano. Nemmeno il fatto di aver sbagliato strada e di esserci trovate su Viale Certosa invece che a Lampugnano ha potuto diminuire la nostra determinazione. D'altronde Milano è una città magica, quando perdi la speranza ti salva con un Deus ex Machina: disperse nei meandri di viuzze sconosciute, tra boschi (a Milano?!) e palazzi, alla disperata ricerca di un parcheggio, dopo aver chiesto ai passanti (una delle quali è stata massimamente esauriente: "Eh, è lontano...là in fondo"), e dopo che V. scoraggiata dalla scarsa presenza di candidati idonei a fornire indicazioni ha esclamato: "Ma non c'è nessuno in 'sto paese?!" (a Milano?!), ecco che compare il familiare profilo della stazione Cadorna! Ormai rassegnate a pagare in parcheggio ciò che avevamo risparmiato in treno,  abbiamo mollato la macchina in Foro Bonaparte e ci siamo dirette, senza nemmeno accertarci che entrambe fossimo d'accordo (d'altronde la telepatia servirà pure a qualcosa, no?), verso il consueto schifezzopranzo. Trangugiati i cheesburger, ingollato il caffè, ci siamo dirette là. Verso la nostra meta. Verso il compimento della nostra mission: la Statale.
Aula stracolma, centinaia di studenti, decine di dottorandi, ricercatori e Chiarissimi. Ma soprattutto Lui. Si, Lui. Ha fatto il suo ingresso in capo ad una piccola processione (che sembrava il Vescovo seguito dai chierichetti coi ceri alla messa di Natale..), passo dopo passo, un pò traballante. Dopo qualche chiacchera si è seduto e ha cominciato la sua Lectio.
No comment. Non mi sento nemmeno in grado di riassumere l'argomento in due parole. E' stata una emozione fortissima sentir parlare il mio libro. Il Sacco. Era lì davanti a noi, faceva battute e spiegava.  l'incubo di non so quante generazioni di studenti e studiosi del diritto civile. Colui che, da solo, forma correnti dottrinali autonome al grido di "secondo Sacco..." o "Sacco dice che...". L'uomo che abbiamo invocato, nominato invano, maledetto e ringraziato, da un anno a questa parte, decine di migliaia di volte, perchè è sempre nei nostri discorsi, perchè almeno venti volte al giorno ci chiediamo: "Cosa direbbe Sacco?". Ero quasi tentata di chiedergli di dirimere la nostra annosa disputa sull'opzione.
Tanto di cappello. 88 anni e non sentirli. Al diavolo la meritocrazia se i baroni sono tutti così. Perchè da un cervello del genere fa anche piacere imparare, anzi, ci si sente sempre in debito di sapere. Perchè raggiungere una cultura del genere è praticamente impossibile. E la pressione diventa quasi insostenibile quando ti dicono: "lo vedi quello che stringe la mano a Sacco? E' Trimarchi". Ecco, appunto. "Ma chi era quello in fondo alla sala?" "De Nova". Ah, ok. "E quello è Carnevali". Bene. No, bene. Ecco, diciamo che eravamo nella stessa aula con una buona parte dei nostri libri di scuola. Sembrava di stare ad un concerto rock. Ad un certo punto, quando Sacco ha esordito dicendo "Colleghi!" ho creduto che la platea si alzasse in una standing ovation con striscioni, lacrime e strappamenti di capelli. Invece è rimasta seduta in composta attenzione ad aspettare il resto del discorso. Due ore di lezione volate. Sul serio, nemmeno sentite. Eppure intensissime. E alla fine un applauso che non so se si sarebbe fermato se Sacco stesso non avesse ordinato che finisse. Una lunga fila di studenti si sono accalcati intorno a lui per avere un suo pensiero sul libro. E mi sono sentita dieci volte più scema per non aver portato il libro oggi che non per aver dimenticato i codici un paio di settimane fa. Comunque anche chi non aveva il libro, faceva scrivere il Professore un pò ovunque, uno anche su un pentagramma. Io su un foglietto azzurro della mia agenda che da domani finirà in una cornice sulla mia scrivania in studio, alla faccia di D. che mi da della pazza. Perchè su quel foglietto SACCO IN PERSONA MI HA DATO DELLA COLLEGA.
Davvero sembrava di essere davanti ad una vera rock star. Anzi meglio. Ad un certo punto pensavo che qualcuno si facesse autografare la maglietta. Per fortuna non è successo..
Poi va beh, ci siamo anche immatricolate a scuola, ma quella è una cosa secondaria, perchè abbiamo sentito parlare Sacco, praticamente un pezzo di storia dal vivo, e siamo state irrorate di cultura giuridica (sperando che qualcosa sia penetrato, almeno per osmosi...), abbiamo rivolto anche la parola a Sacco. Ci siamo palesate e abbiamo avuto uno scambio di battute sullo sciopero dei treni (e avevo paura di sbagliare risposta....).
Scusate per la frenesia e la confusioe di questo post...è l'emozione (e non ho ancora subito il calo adrenalinico...).
E comunque, per concludere con le Sue parole: "i magistrati di domani sono gli studenti di oggi".

domenica 13 novembre 2011

film d'atmosfera

I film americani, italiani, inglesi etc. hanno una storia (di solito). Quelli francesi hanno un'atmosfera. Come Bande a part, Godard, 1962.
Con un'atmosfera (appunto) fuori dal tempo ma ben calata nello spazio (Parigi), con la solita finta semplicità intrisa di dietrologie filosofiche tradotte, in realtà, in finte filosofie che esprimono banali semplicità, Godard ci racconta una storia (a modo suo) d'amore. L'amour così distaccato, freddo, passionale, istantaneo, romanzato, da film francese. Quell'amore solo di fatto ma non di sostanza, quel dirsi "ti amo" senza niente sotto, senza un perchè. Il film, in bianco e nero, anzi, in sfumature di grigi, mostra una Parigi triste e fredda anche se c'è il sole, la Senna, gli alberi, le case. Tutto immerso in un perenne autunno ingiustificato. Sta di fatto che ad un certo punto mi sono girata e ho visto il riquadro della mia finestra riempito di giallo, come a ricordarmi che l'autunno reclamava i suoi bellissimi colori.
La storia della rapina sembra solo una scusa per farci entrare in questo rapporto distorto e distratto tra i tre protagonisti, due uomini e una donna. Come in Juls e Jim (Truffaut altro esponente della Nouvelle Vague), come in The Dreamers (Bertolucci, che attinge a piene mani da Bande a part, come Tarantino, del resto), vige la legge dell'ambiguità e dello scambismo, anche se devo dare atto, dopo tante critiche, che in questo Bertolucci è riuscito a colpire meglio nel segno.
Amabili alcune scene, come quella del ballo nel bar (citata in Pulp Fiction), della lettura dell'ultimo passo di Romeo e Giulietta e, ovviamente, della corsa nel Louvre (citata un pò ovunque). Sono quelle che creano l'atmosfera, quelle che, ripensandoci mesi dopo, evocate da una musica dolce nell'aria e da tanta tanta voglia di romanticismo, tornano su come la polenta con i bruscitt il 15 di agosto e fanno stringere gli innamorati al motto "fammi ballare come in un film francese".
Notabile anche l'espediente, ormai un clichè, della voce fuori campo, del narratore onniscente, che tutto sa e tutto vede, con la pretesa di aprire parentesi contenenti i sentimenti dei protagonisti (parentesi vuote ovviamente).
Il bilancio è tutto sommato positivo, la visione è piacevole, e abbastanza scorrevole. Agli atti che la versione italiana è andata probabilmente dispersa, visto che ho visto una vecchia registrazione da rai 3 in francese, con i sottotitoli sgranati e senza interruzioni pubblicitarie (il che mi fa pensare che la registrazione sia stata fatta a notte fonda...).
Piccolo, residuo, commento: avevo deciso di vedere questo film, ovviamente, per la scena del Louvre (che mi piacerebbe un giorno replicare per battere il record, e per questo si cercano volontari... non sgomitate, mi raccomando). Mi aspettavo chissachè, invece dura 10 secondi senza particolare sottolineatura se non lo spirito di intrinseca affascinante follia del gesto.

martedì 8 novembre 2011

No. Volevo dare la mia risposta. No. Ci ho pensato per un pò (poco a dire il vero, mi sono bastati cinque minuti per realizzare) ma alla fine la mia risposta è no. Non stavolta. Non ora. Non mollerò il colpo per l'ennesima volta solo perchè è più comodo. Ma torniamo indietro di un passo. A.D.R., come si dice in gergo, e la domanda è: "ma visto che ti trovi così bene in questo studio, perchè non rimani e lasci perdere la scuola? Il percorso per la magistratura è fatto di abnegaizone e impegno, qui hai un posto bello, perchè non rimani?". Come dicevo, a domanda risponde: no. No, perchè ho passato gli ultimi mesi a cercare motivazione e a convincermi che non torno a scuola perchè non so cos'altro fare (dimostrato dal fatto che in quello che faccio ora riesco bene) ma perchè ci credo veramente. E, guarda che strano, proprio quando comincio a crederci veramente, appunto, toh! si presenta alla mia porta il lavoro dei sogni, nella mia città, vivino a casa, più comodo di così si muore. Mmmmm... mi ricorda qualcosa. Qualcuno che più o meno cinque anni fa diceva "Hai l'università sotto casa, cosa vai a fare fino a Milano?". Ecco. Appunto. Siccome, come non mi stancherò mai di ripetere, meglio un rimorso che un rimpianto, stavolta voglio arrivare fino in fondo. Voglio farlo, sul serio, non perchè è un ripiego, ma perchè voglio essere una di quelle persone che tra due anni perderanno i capelli cercando di vincere la lotteria della vita. Da questa brevissima ed insignificante esperienza lavorativa ho avuto, tutto sommato, la conferma che proprio scema non sono. E che quello che i miei professori hanno seminato non è caduto su un campo arido (certo, nemmeno nella Mezzaluna fertile in Mesopotamia, ma diciamo su un dignitoso campo di quelli che vedo dai finestrini dell'Aprilia durante le gare...piccolo, coperto di neve d'inverno, ma che fa il suo bravo dovere ogni anno). Posso farlo davvero. Quindi no, non voglio scegliere la soluzione più comoda. Voglio scegliere quella che voglio. E se ci sbatterò la testa...sarà un rimorso, non un rimpianto.

lunedì 7 novembre 2011

Vita da praticante 2: Cenerentola sulle scale del G.d.P.

Gli effetti positivi del praticantato. Mmmmmh..beh prima di tutto fare il praticante favorisce il mantenimento della linea. Per esempio l'altro giorno avrò percorso, a trotto sostenuto, almeno 30 km tra tribunale e G.d.P. avanti e indietro, avanti e indietro...e non avendo la possibilità di smangiucchiare tutto il giorno i risultati si vedono!
Poi...poi beh certe risatine che mi faccio sotto i baffi non hanno prezzo, per esempio quando, nella folla delle udienze del venerdì mattina, un avvocato prende l'iniziativa e per salvare gli astanti da morte certa per asfissia apre una finestra. Ma la finestra non sta aperta perchè è rotta. Allora incastra una penna tra gli stipiti lasciando aperto un piccolo spiraglio per il passaggio dell'aria. La folla lo osanna con urli e applausi e l'eroe si schermisce e senza modestia afferma: "Eh...questo è extreme engeneering!". Oppure quando, sempre nella folla delle udienze del venerdì mattina l'avvocata, arrivato il suo turno, eccepisce davanti al Giudice non ricordo cosa, e tutti, invece di farsi gli affari propri scoppiano in risatine di scherno e propongono al libero convincimento del giudice il loro personale (e non richiesto) commento sulla faccenda, tra un ghigno e l'altro.
Altro lato positivo del praticantato sono le camminate (sempre a favore della linea) che mi faccio tra lo studio e casa e tra casa e lo studio, di solito ad orari tali per cui le strade sono vuote, o meglio, sono popolate da strani esseri e creature che normalmente, nelle ore di luce, vivono nascoste sotto i tombini. Per esempio Milly, una gattina siamese che si aggira per il Corso. Ogni volta che la vedo è circondata da persone che la credono dispersa e cercano di salvarla (me compresa). Oppure il suonatore di sax che si piazza davanti alla Feltrinelli. Ogni tanto un suonatore di arpa gli si mette di fronte e suona un'altra musica e gli fa consorrenza. In Corso c'è sempre il suonatore di flauto traverso, ma non è molto bravo. L'altra sera invece c'era il complessino di studenti slovacchi, loro sono bravi.
Oggi ho addirittura perso una scapra sulle scale del Giudice di Pace. Certo, invece del principe dietro di me c'era una vecchietta che mi fa "Signorina, ha perso una scarpa!". Io, saltellando su un piede solo e cercando di evitare le pozzanghere fangose, sono retrocessa di un passo e ho reinserito il piedino nella scarpetta perduta, ho sorriso alla signora e l'ho ringraziata. Dentro di me pensavo: "Cavoli sciura, che acume! E grazie per aver pensato che io fossi tanto rintronata da non essermi accorta di aver perso una scarpa in un giorno di pioggia!"