domenica 31 luglio 2011

I problemi degli altri

Ok. Parliamone. Avete dei problemi? Padroni. Non giudico nessuno, per l'amor del cielo.
Ma che qualcuno abbia dei problemi con i fatti miei sinceramente mi secca. E che io debba rinunciare alla mia vita sociale per i problemi degli altri mi secca ancora di più.
E' difficile per me, ok. Ma perchè deve essere difficile anche per chi non c'entra niente? E' un lutto? Un dolore al quale ci si sente in dovere di partecipare schierandosi e prendendo posizioni? Fino a ieri amici e da oggi... beh da oggi un calcio nel sedere.
E chissenefrega di anni di rapporti umani costruiti (almeno da parte mia) con costanza e impegno? Oggi la stronza sono io.
Sapete perchè non si riesce a mantenere buoni rapporti umani dopo la fine di una storia? Perchè abbiamo stereotipi sbagliati. Perchè nessuno ci crede. Perchè gli amici comuni si schierano. Manco ci fosse una divisione dei beni: Tizio a te Caio a me. Se gli amici (o presunti tali chiaramente) si facessero i fattacci loro, continuando a comportarsi come sempre, senza tagliare fuori lo/la stronzo/a di turno, se si credesse di più nella sopravvivenza di un rapporto umano (ma umano sul serio, di chi ha condiviso tanto, indipendentemente da tutto), l'intelligenza delle persone farebbe il resto (sarò ingenua a credere nell'intelligenza delle persone...ma non si può prescindere dal contesto).
Grazie. Comunque grazie.
E meno male che mai nella vita ho avuto la sensazione di capire quali fossero i veri amici. Quelli che ho chiamato i miei cavi di sicurezza. Perchè in questo caso, se non ci fossero stati, la caduta libera avrebbe avuto effetti devastanti.
E ci sarà anche chi dice che odia quando dico a-ha, ma quando ce vò ce vò: A-HA...

sabato 30 luglio 2011

La gente che sta bene vive a Monza

Oggi sono stata a Monza. Parliamone. Diciamo che la prima impressione che ho avuto è stata di aver trovato quella famosa "Gente che sta bene" di cui parla F. nel suo libro. Si, la gente che sta bene vive decisamente a Monza. Il Monzese tipo incarna lo stereotipo dell'imprenditore brianzolo, ricco abbastanza da avere la seconda casa al mare, lo skipass stagionale per l'inverno, la Porsche, due figli, magari un cane, l'abbonamento in palestra e il parrucchiere settimanale, ma non abbastanza da potersi permettere di essere eccessivamente snob.
Gli uomini sono brizzolati, hanno la pancetta ma vanno in palestra per buttare giù qualche chilo, hanno il rolex e la Polo, indossano i Jekerson color cachi e le scarpe da barca (che poi cosa porti a fare le scarpe da barca se la barca non ce l'hai?). Le signore hanno i capelli biondi con i colpi di sole in evidenza, il tubino di colori pastello, le ballerine scamosciate oppure il sandalo con la zeppa di sughero, portano orecchini d'oro e il filo di perle, hanno la fede di Pomellato, la borsa di Vuitton. Enorme.
Le bambine hanno le guance rosse e le trecce, la polo di Burberry's, il passeggino Inglesina. Non piangono. Sorridono e mangiano il gelato senza sporcarsi.
Percentuale di tamarri per le vie della città: inferiore al 5%. Ammirevole. La città Mulino Bianco! Le persone si incontrano per strada e si salutano con 3 baci, gli uomini si stringono la mano mostrando i perfetti risultati dello sbiancamento dentale, si invitano a cena, si invitano al brunch domenicale. Aleggia su tutto un aura di cordialità di convenienza (ma chi sono io per dire che non si tratta di cordialità sincera? Lo spero per loro!), un alone di... di Mulino Bianco, appunto, quasi innaturale. E ti chiedi come fanno ad essere tutti così felici, così belli ed eleganti. Monza ha l'aria della piccola cittadina di provincia sulla quale, però, forse arriva, portata dal vento o vaporizzata insieme ai pesticidi, la nube intossicante milanese (e dico intossicante in senso buono..cioè diciamocelo, il milanese tipo è un pò diverso dal brianzolo, ha un che di più nevrotico, cammina almeno a 70 km/h  col limite a 50, però ha anche l'aria beffarda del successo dipinta in faccia -come la "gente che sta bene" di F., appunto).
Comunque lodi a Monza, cittadina a misura d'uomo, tutto sommato. Non mi dispiacerebbe. Che i Monzesi abbiano trovato la formula per stare bene senza essere provinciali? Per essere milanesi senza vivere a Milano? Per avere l'aria buona senza vivere in campagna? Oppure sono tutti imprigionati in tante microstorie alla "Baciami ancora", e prima o poi daranno fuori di testa come Stefano Accorsi?

sabato 23 luglio 2011

castelli di sabbia postsbronza

E così eccoci qui.
Finito. Abbiamo espletato tutti i clichè del caso: abbiamo la foto con la tesi (però la tesi era viola!) e la corona d'alloro, le foto con la famiglia, con le amiche, stretta di mano ai professori, toghe nere, regali, sbronze, feste, margarita...manca forse solo il lancio del tocco in stile Harward (ma tra qui e Harward...).
Ok non ho intenzione di lanciarmi nell'ennesimo post nostalgico o dire qualcosa tipo "che ne sarà di me, ora?" (cosa che, per inciso, mi terrorizza...in uno dei bigliettini che accompagnavano i regali che ho ricevuto c'era scritto: "ora hai davanti la tua vita", ho pensato: "ok, calma, respira...").  Ho deciso di optare per un post leggero.
Oggi sono andata a giocare a tennis con le W.O.M. e ovviamente C. ha mostrato il suo stile a cominciare dal completino a tema Maria Sharapova. Io invece ho preferito una tenuta da shampista di Agassi. E nel tennis ho più o meno il talento che la shampista di Agassi ha nell'arte dell'acconciatura. Ho proposto una mission al lago, con canna e vermi ma le W.O.M. non erano molto entusiaste..In questa settimana di ozio ho avuto tempo per vedere un sacco di film, seguire qualche consiglio in arretrato. Prevedo di leggere tutto quello che ho accumulato in mesi di delirio, di sinusite psichica, come direbbe qualcuno.
Il fatto è che la sinusite psichica non è ancora finita. Non so. Non riesco a capire se sono ancora preda dell'ansia, se non ho ancora metabolizzato l'esperienza (in fondo è stata una cosa intensa..ci vorrà un pò per metabolizzare), se ho talmente tanta paura del dopo da non riuscire a pensare, oppure se sono ripiombata nel buio dell'anima, nell'anestesia (in)cosciente o come vogliamo chiamarla. Il fatto è che mi sento viva ad alternanza e il momento di maggior vitalità della settimana è stato ieri sera, quando il mio cervello si era preso mezza giornata di permesso per lasciar spazio alla tequila, quindi figuriamoci con quanta lucidità riesco ad immaginare dove sarò tra 2 mesi. O meglio, so dove vorrei essere tra 2 mesi, il problema è elaborare una strategia convincente per arrivarci. Cioè. Avessi studiato scienze della comunicazione, a quest'ora mi starei preparando per Venezia, starei cercando un vestito per il red carpet e tutte le star, i grandi registi e tutto l'entourage sarebbero in preda all'ansia per il giudizio della più grande e arguta critica cinematografica del mondo (scontato, no?). Avessi fatto medicina sarei all'ingresso della sala operatoria, mi starei lavando le mani, forse starei baciando un chirurgo figo come il Dr. Sheperd.... Avessi fatto lettere sarei a fare l'aperitivo con il mio editore che sta opzionando il mio secondo romanzo che si preannuncia un best seller almeno quanto il primo. Ma ho fatto giurisprudenza. E sono seduta per terra, col computer rotto che continua a fare un rumore infernale, una canzone appena scoperta a palla per la trentesima volta, con un disordine mentale almeno equivalente a quello della mia camera (chissà se anche il mio cervello archivia i pensieri a mucchi, come io archivio tutto quanto!). L'altro giorno ero da Blockbuster con C. e V. per una seduta di shopping cinematografico/letterario terapeutico e, passaggiando tra i DVD, ho pensato che avrei dovuto fare la regista. Il mio film sarebbe bellissimo. Vincerebbe un sacco di Oscar, Palme d'oro, Orsi e Leoni. E che palle giurisprudenza. Dovevo studiare cinema. Ma alla fine chi mi impedisce di scrivere un film e dirigerlo lo stesso? Lo farò. In fondo nel mio cervello ne succedono di cose strane..ci sarà pure materiale per un bel film (cioè vogliamo mettere con Avatar?). Coco Chanel ha passato la sua giovinezza in casa del suo amante a leggere romanzetti rosa, mantenuta e nell'ozio più totale. Poi a più di 30 anni, lei che aveva la reputazione della scemetta del villaggio, ha scoperto di essere Coco Chanel, destinata ad influenzare pesantemente le scelte di milioni di persone. Trota, figlio di un Ministro, uno il cui cervello si prende le ferie decisamente troppo spesso, che ha dato l'esame di maturità 3 volte, senza arte nè parte in alcuna branca utile nella vita, è consigliere regionale e guadagna decine di migliaia di euro al mese. Alla fine tutti possono sorpredere (anche se stessi). Perchè mai dovrebbe andar male a me?

venerdì 15 luglio 2011

In diretta dall'aula tutor

Post in diretta. Ci vuole.
Ho tagliato il cordone ombelicale. Quello che mi legava a questo posto. Ho ufficialmente eliminato la mia impronta dall'aula tutor. Ora sembra incredibilmente grande. Sembra vuota. Forse perchè più che con le nostre cose l'avevamo riempita della nostra presenza. Ora la nostra assenza non solo si vede ma si sente. Guardo la parete di fianco a me e vedo C. in piedi sul tavolo che fissa la bandiera della Svizzera con le puntine. Guardo la scrivania alla mia destra e vedo M. che litiga con V. perché non vuole provare la parrucca viola. Guardo la finestra e vedo T. che cerca di ripararla in piedi sul davanzale. Guardo la sedia vuota davanti a me e vedo C. che mangia un panino. Guardo addirittura i fili elettrici e vedo M. e C. che li fissano al pavimento con lo scotch (era una mia idea!).
Guardo fuori dalla porta e vedo il viavai di una mattina di lezione, sento le voci dei professori, sento R. che urla e che ci sgrida per il pollaio, sento l'odore della carta stampata.
Poi torno alla realtà. Vedo paura e incertezza. Emozione e... e qualcosa. Non so cosa ma qualcosa c'è. Deve esserci. Dopo, dico. Cosa c'è dopo? Sono sull'orlo del baratro e guardo giù. Lunedì qualcuno mi darà una spinta (più o meno violenta) e cadrò giù (c'era anche una canzone che diceva "cado giù"). Non dico tutto questo come polemica sterile o come lamentela, o con sguardo autocommiserativo. Lo dico con sguardo nostalgico e mi chiedo cosa sia in realtà la nostalgia. Sono sempre stata convinta che la nostalgia sia un sentimento preventivo. Qualcosa che si può  provare solo vivendo un momento incredibilmente bello e, mentre lo si vive, si ha la sensazione tangibile della sua caducità e si è presi da una morsa allo stomaco pensando al prossimo futuro in cui la bellezza del momento sarà solo un ricordo. Ora vivo tutti quei ricordi. Tutto ciò che l'esperienza universitaria mi ha dato in termini umani più che in termini culturali. Mi chiedo se sia davvero importante il lato umano di questa esperienza, dal momento che nessun datore di lavoro mi chiederà mai di esporre la mia esperienza umana. Ma poi mi rispondo che preferisco aver vissuto tutta l'umanità possibile prima di non potermelo più permettere.

martedì 5 luglio 2011

La Teoria dello Gnorri

L'argomento di oggi è la comunicazione. Io e V. abbiamo deciso che tutte queste benedette teorie che elaboriamo ogni giorno ingurgitando litri di caffè durante le ormai celeberrime riunioni della S.P.A (Studenti Perduti Anonimi) vanno rese eterne attraverso il mezzo della scrittura. Sono talmente tante che potremmo scriverci un libro (e non è escluso che in preda alla sbronza post lauream lo faremo davvero!).
Intanto mi sento di condividere qui la teoria della comunicazione. O meglio, la Teoria dello Gnorri.
La Teoria dello Gnorri si può riassumere nell'enunciato: meno dici più comunichi. A conferma di quanto sostenevo qualche tempo fa sul silenzio, commentando non mi ricordo quale film di Kieslowsky (forse La Doppia Vita di Veronica). In un silenzio c'è sempre un significato nascosto. Ciò che non dico può essere interpretato, i buchi del mio discorso possono essere riempiti dal mio interlocutore. Problema: il mio interlocutore li può riempire a sua discrezione e ammetto che il potere della telepatia funziona solo con certe persone, quindi non sempre il gioco "fill the gap" funziona. Esempio: Sono in università, piove a dirotto, tuona e lampeggia. Mando un SMS alla mamma: "Porto a casa V. perchè piove". Nelle mie intenzioni volevo comunicare: "Prendo la macchina e accompagno V. a casa sua, evitandole di prendere il pullman, perchè con questa pioggia si rischia di annegare nei tombini". La mamma ha capito "Io e V. veniamo a casa (mia) finchè non spiove". Morale mezzora dopo sono stata sommersa di SMS "dove siete?".
Ora, tralasciando il fatto che un SMS è per natura poco comunicativo, penso che siamo talmente abituati a dare certe cose per scontate, per sottintese, per ovvie, che lasciamo dei gap di pensiero alla libera interpretazione dell'interlocutore, cosa che può rivelarsi molto pericolosa.
Generalmente comunque, se usata con la testa e con consapevolezza (diciamo più che altro con dolo), la Teoria dello Gnorri funziona eccome. Mettere un silenzio al posto giusto dice più di mille spiegazioni. E' lo stesso principio per cui se qualcuno afferma e io non nego si forma una verità, si forma un giudicato. Se mando una mail e non ricevo risposta posso pensare di tutto (ultimamente sono arrivata anche a concepire storture come il silenzio assenso...la disperazione..). Se faccio una domanda e ricevo una risposta parziale (e quindi un silenzio parziale) posso cogliere in fallo il mio interlocutore. Se non scrivo una clausola in un contratto, se non inserisco un comma in un articolo, poi devo andare a far interpretare il silenzio dall'avvocato.
In quinta ginnasio, la prof di italiano ci aveva assegnato un tema sul silenzio. Io avevo visto il lato "banale" del silenzio, il silenzio in senso lato. Avevo immaginato la situazione: sono da sola e non vola una mosca, cosa provo? (detto per inciso, avevo preso un gran bel voto, e anche un giudizio molto lusinghiero...). Oggi scriverei di come le parole sono effettivamente sopravvalutate, di come a volte sia sufficiente uno sguardo per comunicare un intero concetto (e con V. capita spesso), di come sia assolutamente e imprescindibilmente inevitabile riempire i silenzi degli altri con qualcosa di nostro, di solito con i nostri perchè. Di come ci preoccupiamo continuamente di comunicare stati, messaggi, post sui blog... Ma diciamocelo: ho ricevuto molti più messaggi che mi chiedevano perchè da un pò di tempo a questa parte scrivo meno, di quanti ne abbia ricevuti per i miei frequenti post.