mercoledì 29 giugno 2011

Complemento di onore

L'ho ritrovata! Dopo lunga ricerca ho ritrovato quella lettera pubblicata su Varesenews di cui forse ho parlato, in passato, anche in questa sede.
Studentessa Italiana lamentava, a suo tempo, che l'Insubria avesse esposto un avviso per comunicare la sospensione delle lezioni "a causa" e non "in onore" delle celebrazioni per l'Unità d'Italia. Scandalo! Posizione politica! Ne risponda il Rettore!
Ora, Studentessa Italiana, chiunque tu sia, non hai nulla da fare se non controllare la grammatica degli avvisi dell'Insubria? Confesso, mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. L'avviso l'ho scritto io. A due ore scarse dalla chiusura dell'ufficio, R. mi ha detto: "scrivi un avviso per la sospensione delle lezioni" e io l'ho scritto. Senza pormi troppi problemi sulla forma, sinceramente. Ho scritto "a causa" pensando ad un complemento di causa da riferire alla sospensione delle lezioni. Visto che ancora la nostra grammatica non prevede un complemento di onore (e grazie al cielo, altrimenti alcuni ne farebbero un uso spropositato!).
Mai più avrei pensato che qualcuno potesse ricondurre un misero avviso esposto in bacheca alla espressa volontà dei piani alti! Questo per rassicurarti, Studentessa Italiana. La tua università è patriottica e santifica le feste (anche quelle civili), non preoccuparti. Se poi ti riconoscessi in questo post e volessi venire a parlarne di persona, mi trovi in aula tutor tutte le mattine.
Cambiando discorso...Sto impazzendo. Davvero. Ho fatto una settimana a non mangiare e non dormire. Sarà l'amore, direte voi. No, sarà la tesi! Ormai ho ripetuto questa parola tante di quelle volte che non ha più senso. Tesi tesi tesi tesi. Chi mi sta intorno mi odia, non mi sopporta più perchè sono diventata una specie di bomba che esplode senza nemmeno accendere la miccia. Passo le giornate davanti al computer, cerco di far funzionare il cervello, di fare il punto della situazione (invano) e finisco per scaricare la mia frustrazione su questo blog. Alla fine serve anche a questo, no? Tutta la paura di cui parlavo negli scorsi post si è trasformata in ansia. Trasudo ansia. E con questo caldo è peggio, perchè trasudo anche nervoso. Nervoso e ansia. Senza la minima percezione dei miei comportamenti. Perchè mi rendo conto che a volte sono davvero cattiva, ma non ci posso fare nulla. Non riesco a parlare di niente. Non voglio parlare di vacanze, di luglio, di TESI, di laurea, di diritto amministrativo, di libri, di scuola, di lavoro, di futuro, di presente, di passato, di filosofia, del tempo, della perdita di tempo, di gare di regolarità, di Varese Campo dei Fiori e nemmeno di Lumezzane (che è a settembre), di casa, di pratica, di feste, di conviviali, di segretari rac, di compleanni, di programmi, di scadenziari e mansionari...Capite che, alla fine, gli argomenti di cui parlare rimangono veramente pochi. E non è detto che una volta intrapresi non finiscano direttamente nella lista nera. Chissà cosa si prova nel prendere la consapevolezza che la scuola è finita. Ma finita per davvero. Che non ricomincerà mai più, che settembre sarà solo un mese come un altro nel rullo che annualmente ci schiaccia...Forse è anche per questo che mi piacerebbe insegnare, perchè la scuola, in generale, ha avuto un peso talmente preponderante nella mia vita che non riesco a distaccarmene. La scuola è una sicurezza, una specie di guscio brutto e cadente, con crepe e impalcature, ma accogliente e mio. Mi ricordo che L., durante una delle prime lezioni di diritto romano aveva detto che lui invecchiava mentre noi avevamo sempre la stessa età. Era vero, e sul momento non ci avevo fatto caso. Finchè sei a scuola subisci una crescita controllata: sai che entri ad una certa età e che, se tutto va bene, esci ad una certa altra età. Ma uscita dall'università comincerò ad invecchiare (e spero che non succeda, come sostiene qualcuno, che le donne, dopo la laurea passano da "ragazze" a "vecchie"...) sul serio. Sarò nella schiera di quelli che crescono. Non più Isola che non c'è, ma triste realtà. E allora, per un logico procedimento di sillogismo, non credete sia giusto che passi dall'altra parte della cattedra?

mercoledì 22 giugno 2011

L'armonia

Grazie Lucy (http://lucyofftheblues.blogspot.com/2011/06/blogs.html). Davvero, il tuo post mi ha offerto nuovi spunti. Ho riflettuto su un paio di cosette e approfitto del fatto che sono divorata dall'insonnia per rispondere (non so quanto, di quello che scriverò, avrà ancora senso tra qualche ora...chiedo venia per questo).
Ho pensato primariamente agli stereotipi. Barbie, Ken, Cenerentola, Biancaneve, Azzurro di Shrek...cosa c'è di vero? Siamo davvero tutti riconducibili a poche categorie prestampate? Oppure possiamo definirci individui apieno titolo? Siamo qualcosa di speciale o, alla fine, l'estremo dell'anticonformismo è il coformismo? Provo a spiegarmi con un esempio: da che mondo è mondo la gente fa figli. Miliardi di neonati nel mondo e nella storia. Ogni giorno genitori sull'orlo di una crisi di nervi combattono contro l'ultima mania di adolescenti pretenziosi e viziati, entrando in un tunnel di routine stritolante (e già questa affermazione non si addice ad un discorso che vuole dimostrare l'inservibilità degli stereotipi..). Eppure, ogni giorno ci sono miliardi di coppie che decidono di avere un figlio al grido "il nostro sarà diverso". Dolce illusione. Lo stesso vale per le storie d'amore. "La nostra è diversa, noi siamo speciali". Ma perchè? Credo che l'unica differenza rispetto a tutte le altre storie d'amore del mondo siano i protagonisti. Per questo mi piace pensare che le esperienze siano importanti e, fondamentalmente, siano le colpevoli delle differenze che, grazie al cielo, ci caraterizzano. Le decine di esperienze che si possono provare nella vita, moltiplicate per il numero di reazioni alle stesse che ognuno può avere, pari al numero di individui presenti sulla faccia della Terra, danno un numero di possibilità che si avvicina molto (se non la raggiunge) all'imprevedibilità.
E se siamo davvero tutti legati da questo fil rouge, da questa equazione I = E x Rn (Imprevedibilità = Esperienza x Reazioni elevate ala n), come possiamo capire qual'è il modo giusto di comportaci in relazione agli altri? Voglio dire, in che misura il maschietto che punta al cervello della stragnocca sa che otterrà qualcosa? Che ne sa che, per quella stragnocca in particolare, un complimento alle sue scarpe nuove vale più di mille citazioni filosofiche? Vale anche il contrario naturalmente: che ne sa, il maschietto in questione, che la stragnocca preferisce sentire una conferenza sul tema "Essere ed essenza. Dare o avere. Corrispondenze biunivoche in un mondo a senso unico", piuttosto che sentirsi dire che ha dei bei capelli? Funziona anche con la bruttina: ti trovi davanti un topo di biblioteca e attacchi con la tiritera dell'essere/essenza, salvo scoprire che la sua priorità era sentire le lodi della profondità dei suoi fondi di bottiglia. Tutto questo per dire, in chiave anche un pò scherzosa, dai, non prendiamoci troppo sul serio, che la cosa più bella, in una relazione umana (amorosa, amichevole o altro) è l'imprevedibilità. Fa parte delle regole del gioco. Anzi è proprio questo il gioco! Vince chi attraversa tutto il campo minato senza scoppiare per aria, chi attraversa il fossato senza svegliare i coccodrilli. Mentre mi rigiravo nel letto, prima di cedere definitivamente alla mancanza assoluta di sonno, ho pensato ad una bella metafora.
Io non mi intendo di musica, tecnicamente parlando. Da bambina dovevo essere abbastanza portata, ma questa mia inclinazione non è mai stata coltivata, sta di fatto che il mio approccio al pianoforte si limita a saper suonare "Oh Susanna!" con i tasti neri...Però ogni tanto mi diverto a mattermi alla prova, e vedere se sono capace di riprodurre un motivetto a orecchio (in pieno stile "pestanote" usando solo l'indice). Provo a schiacciare un tasto e vedo se ci sta bene, nell'economia del mio motivetto (ultimamente sono in trip con la musichetta della Barilla - anni '80 nostalgia...), lo riprovo, pr vedere se suona bene, poi vado avanti, accosto un pò di suoni fino a sentire qualcosa che si avvicina alla musichetta desiderata. Ecco, credo che una relazione umana sia un pò così, come una musica suonata a orecchio, dove i protagonisti sono mano destra e mano sinistra, e cercano dicreare l'armonia del brano senza avere nessuno spartito, senza sapere se stanno suonando la "Sonata al chiaro di luna" o la musichetta della Barilla, spesso sbagliando tasto e creando una stonatura. Ma siccome dalle mie ultime elucubrazioni è emerso che il mondo oggettivo non esiste, chi ci dice che quella che per tutti è una stonatura, nell'economia di un rapporto non si armonizzi alla perfezione?

lunedì 20 giugno 2011

Il cervello di Biancaneve

Ok. Abbiamo raggiunto il limite della decenza, io credo. L'altro giorno passavo davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli nuovo, in centro a Varese.  Una gran quantità di scatole con Barbie. La nuova Barbie. Barbie chirurgo? No. Barbie avvocato? No. Barbie atleta olimpionica? No.
Barbie "mi-ha-detto-si". Cosa è Barbie "mi-ha-detto-si"?! Cosa vi immaginate? Una romantica proposta di matrimonio tra Barbie e Ken, la commemorazione di un momento molto mieloso, lei in abito da sera, lui in smoking, un anello di diamanti nel bicchiere di champagne? Immaginate male. Nella mente malata del creatore di giocattoli (che, a quanto pare incontra il gusto di migliaia di bambine ritardate) Barbie "ha-detto-si" in spiaggia, indossando un ridottissimo costume da bagno e le infradito. "Ha-detto-si" con tale entusiasmo che sulla guancia di ken c'è stampato un bel bacio!
Mi immagino la scena. Con la musica di sottofondo di "Scandalo al sole" (andate a cercarla su youtube e sentitela mentre leggete..sarà molto più suggestivo!), al tramonto, Barbie e Ken si corrono incontro al rallentatore, capelli al vento (lui tipo Azzurro di Shrek), sorriso a 32 denti flashatissimo, la spuma del mare che li avvolge e sbrilluccica sotto i raggi rosa del sole calante, le loro ombre si uniscono in un abbraccio e...Barbie dice sì. E lascio il seguito alla vostra immaginazione.
E poi a Barbie hanno allargato i fianchi. No, sul serio! Fateci caso. Il potere di Vogue, che ha appena pubblicato un servizio sulle modelle con taglia over 44. Hanno allargato i fianchi di Barbie. E ora in costume sta malissimo.
Ma io mi chiedo: tra Cenerentola che 50 anni fa aveva già scoperto "the secret" (a dream is a wish your heart makes), Biancaneve che aspetta di essere baciata dal principe, Aurora che muore per il troppo filare...e Barbie, che ha trovato Ken, un pò bamboccione ma belloccio, che modello diamo alle generaizoni future? Non tanto alle bambine che, si sa, sono sempre un passo avanti..quanto ai bambini! Questi già da piccoli assorbono l'idea che basta essere belloccio per conquistare Barbie, basta saper ballare per conquistare Cenerentola e basta saper baciare per sposare Biancaneve. Almeno il Principe di Aurora si era quasi fatto ammazzare dal drago! Ma chi spiega quello che viene dopo? Quando Biancaneve, lasciati i nani, si trova nel castello con uno che ha visto giusto una volta e non sanno cosa dirsi? Chi glielo spiega a questi futuri uomini che persino una come Biancaneve ha bisogno di essere presa per il cervello?

lunedì 13 giugno 2011

Le dinamiche del carpe diem

L'altro giorno ho visto "Io e Annie", Woody Allen, 1977.
Non mi ha mai fatta impazzire, Woody Allen. Cioè, sentivo parlare di questa genialità, delle nevrosi, di New York, dell'umorismo etc, ma in nessuno dei suoi film ho mai trovato questi elementi. Credo, a questo punto, che quando si parla di Woody Allen, si faccia sostanzialmente riferimento a "Io e Annie".
Geniale, davvero. Ho aperto numerosi spunti di discussione con me stessa. Primo fra tutti la mia teoria (condivisa anche da V.) che gli amori impossibili sono i più belli. Quelli che sai già che finiranno. Perchè il film parte dalla fine di una storia d'amore mica per niente. Non sono proprio quegli amori con la data di scadenza, quelli tristi e un pò patetici, quelli che finiscono con un certo squallore. No, sono quelli intensi, e travolgenti. Quelli che, siccome sono impossibili, e improbabili e mal funzionanti dall'inizio, difettosi, magari con la confezione un pò ammaccata, assumono quell'aura di imprevedibilità, di mistero, di fascino...si il fascino della caducità (è lo stesso concetto del "è meglio una vita breve ma intensa piuttosto che una lunga ma noiosa", lo stesso concetto del "la vita umana è bella perchè siamo mortali"...non so se mi spiego).
Da qui ho cominciato a ragionare sull'intensità delle esperienze: perchè carpe diem? Perchè devo cogliere l'attimo? E soprattutto: ma quale cavolo di attimo devo cogliere? Avete mai riflettuto sulla reale portata della poesia "chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza"? A scuola ci insegnano che la parte importante è "del doman non v'è certezza", questo benedetto carpe diem.
Secondo me la parte fondamentale e veramente rivoluzionaria è il "chi vuol esser lieto sia"! Perchè solo chi VUOL esser lieto lo sarà, ancora una volta non so se mi spiego. Ci vuole più coraggio nell'esser lieti, a volte, che nel cogliere il fantomatico attimo fuggente ("Oh capitano, mio capitano!").
Ce ne vuole un sacco di coraggio (che non è la mancanza di paura, ma la consapevolezza che ci sia qualcosa di più importante della paura) per essere lieti, anche perchè, se vi siete mai messi a ragionare sul rapporto che corre tra le parole "voglio" e "devo", vi sarete resi conto che c'è un muro più sottile di quanto sembri, a separarle.  "Voglio" e "devo" sono separate da una parete di carta di riso, come i giapponesi, e sentono i reciproci sussurri. Tra "voglio" e "devo", passa solo lo spazio di un tempo verbale. Perchè quello che oggi "voglio" e non faccio, domani sarà solo un "dovevo".

venerdì 10 giugno 2011

Sport discrimina(n)ti

Ok. Sfatiamo questo mito.
Mi chiedo perchè debbano esserci sport di serie A e sport di serie B.
Perchè chi gioca a calcio è un figo, si merita uno stipendio che permetterebbe di comprare un villino Tramontana al mese (alternandolo con un panfilo...), mentre chi gioca, che so, a curling, si merita a stento una menzione di sfuggita alle olimpiadi invernali?
Io sono, per chi se lo stesse chiedendo, una vera campionessa negli sport sfigati e ci terrei a non essere discriminata per questo. C. mi prende sempre in giro e la nostra sfida a chi ha fatto più sport è palesemente a suo favore, ma...voglio dire, chi può vantare un'esperienza nel fantastico mondo del tchuckball? (so che la maggior parte dei miei lettori sanno di cosa si tratta, anche perchè forse un paio di loro hanno condiviso questa esperienza con me ma, dai...chi sa veramente cosa è il tchuckball?).
Cioè, tutti possono dire di aver giocato a basket o a calcio o a tennis (e lo dico da persona che ha provato almeno una volta tutti questi sport: a basket quando avevo sei anni, col maestro Silvio, di cui ero perdutamente inamorata, il calcio l'ho visto dalla porta dove venivo relegata e dalla quale guardavo la palla rotolare tranquillamente, a tennis durante le fantastiche vacanze sportive che hanno segnato la mia adolescenza, con risultati tutto sommato accettabili), ma chi può dire di aver giocato a tchuckball?
Questa polemica sterile è maturata con C. già da un pò, ma oggi, mentre la accompagnavo in stazione, sentendomi esclusa dalla conversazione, che verteva sul tema "mosse di judo: come si chiamava quella con movimento del piede e rovesciata?", ho proposto uno dei miei pochissimi meriti sportivi (sono stata campionessa provinciale di pesca sportiva) e sono stata impietosamente presa in giro.
E vogliamo parlare della regolarità? Venga, chi parla di relatività del tempo, a fare una gara di regolarità, per vedere la relatività del tempo applicata alla realtà. Perchè Einstein, per elaborare la teoria della relatività, non poteva non aver pensato alla regolarità. Ci penso tutte le volte che sono in macchina, a come sia davvero incredibile che un'ora voli in un lampo, mentre dieci secondi sono eterni. E in questo periodo funziona anche nella vita di tutti i giorni. Il tempo ha una elasticità che mi spiazza, il più delle volte. Mesi interi volati nel nulla e minuti che durano un'infinità. Poi mi metto nel letto la sera e penso che un'altra giornata è finita. Poi V. mi fa vedere le fotografie di questo inverno e mi dice è stato un anno bellissimo. Poi, parlando al telefono, le chiedo se si ricorda di quando questo inverno, al Central, parlavamo dell'assurdo e di come eravamo diverse solo sei mesi fa. L. ci ha sgridate dicendo che abbiamo perso un sacco di tempo, tra aula tutor e il resto. Ma io penso che quello che ho vissuto davvero sia l'esperienza. Cioè, credo di aver avuto tanto da questi sei mesi. E quando V. mi ha detto, l'altro giorno, che le sembrava che un'era fosse finita mi è venuta una gran tristezza. Perchè questa era finirà. Presto. E, magari una notte, tra qualche settimana, andrò a letto e penserò a stasera e mi sembrerà che tutto sia finito davvero. Ma ho deciso che prima di permettermi di pensare questo, voglio commemorare l'era dell'aula tutor. Il pezzettino della mia vita che ricorderò senza rimpianti, solo perchè è stato bello. Senza pensare "potevo, dovevo, volevo...". Solo perchè è stato bello. Solo allora potremo dire che l'era è finita.

martedì 7 giugno 2011

Nata imparata

"Scatta il post", ha detto V. stamattina. Decisamente si.
Caro cancelliere,
Anzi. Egregio Cancelliere. Gentile Egregio Signor Cancelliere,
si ricorda di me? Sono venuta da Lei stamattina, e prima ancora che Le dicessi cosa avevo bisogno, Lei ha prevenuto ogni mia necessità. Questa si chiama efficienza.
Mi creda, Non c'è niente che vorrei di più al mondo che essere una ragazza in gamba, sicura di sè, una di quelle che sembrano sempre sulla strada giusta, che non tentennano mai, che senza nessuna indicazione sanno già quello che devono fare, che non hanno bisogno di nessuna gavetta, che partono dalla cima, che non hanno dubbi e difficoltà in nulla.
Invece sono io. Un pò svampita, un pò distratta, mi perdo dieci volte prima di trovare la strada giusta, ho bisogno di provare una cosa prima di capire se so farla così come ho bisogno di provare un vestito per sapere se mi sta bene, non sono molto sicura di me e ho una paura matta di sbagliare. E l'unica precauzione che posso prendere per non farmi vincere da questa paura è nasconderla dietro al mio spirito di iniziativa. Non sono del genere "praticamente perfetta sotto ogni punto di vista" (cit. da?), sono più del genere "ho indossato i tacchi tutto il giorno e ora ho un mal di schiena atomico".
Quindi, Egregio, scusi se Le ho provocato una enorme perdita di tempo, visitando il Suo ufficio (io, ammiccante: "Beh, ma ci sta nell'economia di una giornata". Lei, sprezzante: "Non nella mia").
Grazie per il tempo che tanto gentilmente mi ha concesso, pur non essendo, come più volte da Lei specificato, assolutamente un Suo compito spiegarmi cosa devo fare.
Nella prossima vita vedrò di nascere già imparata, per Sua comodità.
E, per inciso, se mi avesse spiegato subito quello che dovevo fare, invece di lamentarsi ogni volta che aprivo bocca, avremmo perso entrambi molto meno tempo. Anzi, meglio, se Lei avesse preso il foglio dalle mie mani, senza dire una parola, avesse fatto il Suo lavoro senza commentare, e mi avesse teso il fascicolo dicendo semplicemente "due fotocopie", ci saremmo risparmiati un gran nervoso, io, e una marea di preziosissimo tempo, Lei.

sabato 4 giugno 2011

Sacchetti al gusto di pollo arrosto

Ok.
Oggi, in preda a non so quale delirio isterico, sono andata a fare la spesa all'Iper. Oggi. Per chi non se ne fosse accorto oggi è sabato. Per chiunque abbia un minimo di cervello "sabato" e "Iper" sono due parole che non stanno bene nella stessa frase...
C'era un delirio inimmaginabile. Ho capito che ho fatto un'idiozia a studiare giurisprudenza: qui vige la legge della giungla. Tra i due litiganti non gode il terzo, ma quello che ti spintona più forte. Vince la vecchietta che se ne infischia di averti sulla sua strada, ti atterra con una carrellata negli stinchi. Vince la coppia di tamarri che arriva con la Honda blu elettrico con i subwoofer a palla che si intrufola nel parcheggio che stavi aspettando disciplinatamente da mezzora (perchè la mamma con 4 bambini tra i 6 mesi e 3 anni ci mette una vita per stipare nel baule del suo minipullman una spesa che potrebbe sfamare un reggimento di alpini, mentre il marito si limita a tenere fermo il carrello aspettando con spasmodica impazienza di poter estrarre la monetina dal meccanismo di sicurezza).
Poi mi fanno morire quelli che portano i bambini al centro commerciale. Bambini con due settimane di vita che devono sorbirsi il chiasso e la confusione di un ipermercato il sabato pomeriggio. Ma perchè, povere creature? Per poi trovarsi costretti, all'ora della pappa (che cade ogni due ore) ad apparecchiare una panchina con scaldabiberon, dosatore del latte in polvere, acqua calda elemosinata al bar, e pargolo strillante in braccio!
E ancora, nello stress infinito che un posto del genere mi provoca, ho sentito fortissima l'esigenza di consultare un bravo avvocato. Sì, uno di quelli che attaccano direttamente la giugulare. Cosa direbbe Sacco, mi sono chiesta, dell'obbligazione generata dall'acquisto di un sacchetto di plastica? Se faccio la spesa e mi premuro di spendere 10 centesimi in più per uno di quei puzzolentissimi sacchetti ecologici (io e una signora in coda alla cassa abbiamo anche discusso sulla natura della puzza: io sostenevo ristorante cinese, lei pollo arrosto bruciato), quando l'obbligazione relativa al sacchetto può dirsi adempiuta? nel momento in cui ci metto dentro la mia roba? O è prevista una resistenza minima del sacchetto in questione che mi consenta di arrivare almeno alla macchina? Oppure ancora che tale resistenza sia estesa, nel tempo e nello spazio, fino al momento in cui riporrò la mia spesa in frigorifero? Quello che voglio sapere è: posso chiedere un risarcimento del danno causato dalla rottura del maledetto sacchetto tre passi dopo la cassa (tranciato di netto)? E posso chiedere il detto risarcimento commisurandolo al valore del sacchetto (10 cent), al valore della spesa persa e sparsa sul pavimento del supermercato, tra cui una bottiglia di birra esplosa, al danno emotivo causato dall'imbarazzante situazione (non uno che alzi un dito, comunque), al danno da ritardo (nel preparare la cena), per una somma complessiva pari al montepremi odierno del Superenalotto? Per intanto mi sono fatta dare un nuovo, puzzolente sacchetto...

venerdì 3 giugno 2011

Donne a forma di uomini e uomini a forma di donne

Piccolo appello agli stilisti.
No, non voglio lamentarmi perchè le modelle sono magre, perchè ci proponete modelli sbagliati, perchè strumentalizzate la donna...lagnanze troppo inflazionate.
Sì perchè, per quanto magra, una donna rimane sempre una donna..e si spera che abbia delle forme da donna. Mi spiego, anche se so che stavolta è superfluo.
Premetto, per chi non mi conosce bene, che ho studiato da autodidatta (ma non per questo meno seriamente) disegno e pittura, perciò mi sono fatta una vaga idea delle proporzioni umane. Tendenzialmente, l'uomo ha la forma (stilizzata) di un triangolo rovesciato: spalle larghe/fianchi stretti. La donna invece ha la forma di una clessidra, cioè due triangoli, uno sopra l'altro, tangenti per la punta: busto largo/vita stretta/fianchi larghi.
Dato ciò per appurato, verificato migliaia di anni fa, confermato da Fidia in persona e applicato da generazioni e generazioni di artisti...ma perchè, caro stilista, devi disegnare dei vestiti che una donna non potrà MAI indossare? No, sul serio. Se una donna ha il busto largo, perchè devi prevedere un busto larghissimo? e se una donna ha, comunque (è un dato di fatto, non c'entrano i problemi di linea...), la vita più stretta dei fianchi, perchè devi mettere in vendita dei vestiti che sono slarghi sulla pancia e fascianti sui fianchi?! Perchè? Quale è il tuo obiettivo? Farmi vergognare di me stessa ogni volta che provo un vestito in un camerino? Sappi che non ci sei riuscito! Perchè IO sono a forma di donna, i tuoi vestiti sono a forma di uomo (cioè triangoli rovesciati). Ora, capisco che, oggi come oggi, sia possibile tutto, io non ho pregiudizi in questo senso, per quanto mi riguarda un uomo può vestirsi come si sente, anche con un miniabito verde. Non sono per le etichette, ma uomini e donne hanno esigenze sostanzialmente diverse, in termini di vestiario! Non è la prima volta che mi capita di trovare vestiti larghissimi sopra e strettissimi sotto...ma vi assicuro che, fatte le dovute proporzioni, non starebbero bene nemmeno a Barbie. E scusate lo sfogo

mercoledì 1 giugno 2011

Free catarsi

Pioveva. Si, era fine settembre e pioveva. Avevo messo una vecchissima giacca nera e non mi ero nè truccata nè pettinata. L'effetto d'insieme era un look da sbarco a Lampedusa...Ero delusa. Andavo a fare una cosa che proprio non mi andava giù: iscrivermi a giurisprudenza.
Sono entrata in segreteria studenti e mi hanno detto (colpo di grazia) che dovevo sedermi su uno sgabello e farmi fare una foto per il tesserino e per il libretto. Col look da barcone.
Piove. Si, è l'inizio di giugno e piove. Ho messo una vecchia giacca nera e non mi sono truccata (pettinata si, ma l'effetto è lo stesso in puro barcone style...). Ho paura. Sono andata a fare una cosa che non vedevo l'ora di fare: consegnare il mio libretto in segreteria, e il tesserino con quella foto orribile. Sono entrata in segreteria studenti e si sono ripresi quello che mi avevano dato 5 anni fa.
L'ho presa come un segno questa pioggia.
Lavi, lavi! Corroda questa pioggia acida tutto quello che è stato prima. Mi lasci solo la consapevolezza e la paura (perchè la paura può essere una buona alleata).
Ma di rimpianti, rimorsi, pudori, scrupoli e coerenza non ne voglio più.