lunedì 26 settembre 2011

La psicoalgebra delle favole

La Rana e lo Scorpione. La Volpe e l'Uva. Benvenuti nel mondo delle favole.
Si perchè, a volte, ti succedono delle cose e pensi di essere nel mondo delle favole. Dove gli animali parlano. Altre volte, invece ti capitano delle cose e pensi di essere stata rapita dagli alieni e di essere finita su Marte (insieme a Marmotta), circondata da omini verdi che blaterano, blaterano, e tu capisci solo "telefono casa".
Siccome giusto oggi pomeriggio dicevo a V. che, secondo me, certe cose andrebbero regolate con un contrattino, ecco, mi verrebbe da chiedere a Sacco se firmerebbe un contratto con un marziano (intendo un contratto che non c'entri nulla con la manutenzione della rete telefonica..). Con un omino verde che parla un'altra lingua, dal quale, diciamo, non sa cosa aspettarsi. Si perchè chi ha creato il legittimo affidamento, sono sicura, deve aver pensato "è cosa molto buona". Se c'è scritto sul contrattino, so cosa aspettarmi dalla controparte. Ma ho come l'impressione che il marziano pretenda che uno fondi le sue aspettative sulla fiducia. Ma, come dicevamo io e V. oggi (complice un gelato di Buosi) le aspettative sono direttamente proporzionali alla fiducia. E la fiducia media, moltiplicata cioè per il tempo da T0 a T1 e da T1 a T2 etc etc, divisa per tutte le aspettative disattese, crea un delta di speranze (il dizionario dei sinonimi è un pò povero alla voce "aspettativa"..sarà perchè è una di quelle parole italiane che rendono perfettamente la sfumatura di significato che esprimono) che, a ragion veduta o meno, verranno soddisfatte dalla controparte.
Putroppo, questa psicoalgebra spicciola non funziona. O meglio, non si applica alla lettera. E' un pò come le regole della grammatica greca: ti sforzi di imparle anche se sai che non le applicherai mai visto che sono più le eccezioni che altro (che poi ti viene la depressione quando scopri che nemmeno il verbo luo è del tutto regolare..).
Ma allora cosa dobbiamo fare? Facile: non crearci aspettative. E se le abbiamo già? E se le abbiamo già (e, sottinteso, vengono puntualmente disattese) finiamo (o almeno io..mi do del noi) come la celeberrima volpe, a negare che l'uva ci interessa perchè non ci arriviamo. D'altronde è inutile prendersela con i marziani perchè disattendono le nostre aspettative, perchè come disse lo scorpione alla rana (dopo averla uccisa..): "è la mia (intesa la loro) natura".

martedì 20 settembre 2011

Lettera semiseria dal presente al passato

Care V e A,
come va?
E' un pò che volevo dirvi due parole, in realtà, e penso che questo blog sia il giusto compromesso tra la schiettezza di cui parlavamo l'altra sera con D e F, e l'inspiegabile ritrosia che ognuno proverebbe di fronte ad una situazione simile.
L'altro giorno camminavo con V (Va) vicino a casa mia e ti ho incontrata, A. Mi sei passata di fianco, mi hai guardata e non mi hai salutata. Ok, nemmeno io ti ho salutata, ma non ero io dalla parte del torto. Certo, chi è dalla parte del torto raramente si rende conto della propria posizione, ma stavolta direi che è palese. Sono circa 5 anni che ho sul groppo questa domanda e direi che è arrivato il momento di porla: ma perchè? Io vorrei solo sapere perchè, un bel giorno, dopo anni di amicizia fraterna mi hai tolto il saluto. Ci sarà un motivo. Va bene che c'è chi sostiene la teoria del silenzio senza significato, che un'omissione non sempre celi chissà quali dietrologie, ma non mi sembra questo il caso! Cioè, se a 18 anni, un bel giorno, quella che consideravi una sorella maggiore, una persona saggia, da imitare, da cui imparare, si sveglia e smette di parlarti, e comincia una campagna diffamatoria nei tuoi confronti qualche domanda te la fai. Ma sinceramente in anni di turbative mentali non mi viene in mente una sola cosa che possa aver fatto per provocare una simile reazione.
Idem con patate per V. Sorelle il giorno prima, sconosciute il giorno dopo. Ma perchè? Voglio dire, sai quante volte mi è capitato di avere l'esigenza di raccontarti qualcosa? Di voler condividere un'esperienza, una soddisfazione, una storia, un pettegolezzo... Quante delusioni avrei voluto condividere con te e quante soddisfazioni, negli ultimi anni. Invece... A te l'ho chiesto, me lo ricordo: perchè? E la tua risposta, prima di disconnetterti, è stato un insipido: "siamo cambiate". Vero. Sacrosanto. Infatti io sono andata avanti. Non mi fa più male pensare al passato. Ma rimane la domanda, alla quale spero vogliate dare una risposta: ma perchè? Diamo un significato a questo silenzio per favore, abbiamo il coraggio delle nostre omissioni e tappiamo questo buco. Perchè ci ho messo anni per ricucire questo strappo che mi avete fatto nel cuore: ho usato i fili dell'amicizia, quella vera (e spero sincera) e della fiducia (che non sono ancora sicura di padroneggiare bene). Ma, si sa, la curiosità è donna e mi rimane aperto un perchè, un movente. E che cavolo, direi che me lo merito, no? Ditemi: "Franci, guarda, mi ha dato veramente sui nervi quella volta che hai preso 9 in storia dell'arte senza aver aperto libro" oppure: "Franci, senti, da quando ho saputo che ti sei laureata in 4 anni e mezzo in giurisprudenza mentre io, dopo aver millantato per anni di voler fare il magistrato, ho mollato senza aver passato nemmeno privato, beh non riesco più a sentire il tuo nome" o ancora: "Cavolo Franci, mi sta sull'anima il fatto che hai i capelli lisci". A me va bene tutto, basta sapere.

martedì 13 settembre 2011

Germana, una figlia delle stelle

Ecco. Vorrei fare una dedica. Vorrei dedicare questo post a Germana. Cara Germana, anche io come te sono una ragazza impegnata, infatti ho la tessera dell'Esselunga. E anche io ho Sky. Ma stavo pensando di disdire l'abbonamento, tanto non lo guardo mai. Anche io ho un'età compresa tra i 20 e i 33 anni, proprio come te, Cara Germana. Non come la suora...Germana (anche se cucini bene come lei). Che bello il tuo video, Germana. Mi è piaciuto tantissimo perchè era pieno di ironia, sul serio. Che fosse vero o finto, mi è piaciuto. Quindi ti dedico questo post (anche se con te non c'entra nulla).
Allora, ho visto un bel film e ci ho rimuginato per diversi giorni, quindi ora vi tedierò con il mio racconto. "Figli delle stelle", Lucio Pellegrini 2010.
Mi aveva incuriosita perchè c'era Fabio Volo, mi era piaciuto "Casomai" e avevo cercato gli altri film con Fabio Volo, visto che presto uscirà "Studio illegale" (è iniziato il count down, non possiamo mancare!!!).
Ecco, diciamo che Fabio Volo dovrebbe evitare di ripetere l'esperienza di recitare in veneto. Non gli viene bene (oddio non che io abbia mai visto nessuno recitare bene in veneto...). Per il resto l'idea è geniale. Un gruppo molto eterogeneo, formato da un paio di operai rivoluzionari, una conduttrice televisiva, un ciccione nostalgico della lotta dura senza paura, un criminale professionale, si organizza per rapire un ministro. In realtà la banda di geni rapisce un sottosegretario che, povero, non c'entrava niente. Il film pretende di avere un tono drammatico, senza riuscire, in realtà, ad evitare l'umorismo. Cioè queste macchiette alla fine fanno anche sorridere (nella drammaticità della situazione). La parte che mi è piaciuta di più è stata quando, presi dalle vicissitudini che comporta nascondere una persona, nutrirla, vestirla, farla tacere etc...i rapitori perdono il controllo della situazione per un secondo durante il quale gli abitanti del villaggio montano che li ospita scoprono l'ostaggio. Quando il capo della banda spiega la situazione davanti ad una sconcertata popolazione, questa reagisce con entusiasmo e decide di partecipare al rapimento e dividersi il riscatto (25 mila a famiglia e un libretto di risparmio per i bambini). E' stata una scena surreale, perchè comunque ero nella forma mentis di chi si accosta al cinema "realista". Invece questa è una cosa proprio da fantascienza! Cioè bello! Quando poi si sono messi a stendere tutte le banconote bagnate e ad asciugarle col phon...c'era qualcosa di tenero e patetico. Come quando la sciura passava l'aspirapolvere nella stanza del povero ostaggio bendato e legato. Carino davvero, lo consiglio. Anche perchè su questi quattro o cinque stereotipi vale la pena rifletterci un attimo. Soffermarsi a pensare giusto il tempo di un film tragicomico con Fabio Volo che recita (o ci prova) in veneto, dedicare cinque minuti a pensare quanto molti italiani sarebbero davvero disposti ad unirsi al rapimento di un ministro, semplicemente perchè non c'è altro da fare. Come in una seconda Fontamara, come in un Germinal, come dei Malavoglia inconsapevoli, come i contadini di Novecento. Ogni secolo ha i suoi sconfitti che non sanno come farsi giustizia e, se arrivano per caso ad ottenerla, non sanno cosa farsene.

venerdì 9 settembre 2011

Eccessi di zelo ed eccessi di schifo

Oggi ho visto i due estremi della civiltà umana: l'eccesso di solerzia civica e l'eccesso di vergognosa incuria.
Mi piacerebbe condividere questi due momenti con voi perchè, vissuti a pochi minuti l'uno dall'altro, hanno fatto uno strano effetto:
eccesso n. 1 Sul muro appena fuori dall'Università un'anima caritatevole offriva in affitto due camere a studenti universitari in cerca di indipendenza pret a porter. Annunci del genere tappezzano i muri delle nostre università, le pareti degli edifici, i lampioni, le bacheche etc. Sono quelli con le frange da Pocahontas con scritti i numeri di telefono. Ecco, questo annuncio in particolare era accuratamente avvolto in una busta trasparente, portava il timbro del comune con la data e la marca da bollo da 1 euro e passa appiccicata. Ora. Ammirevole questo signore che si è preso la briga di informarsi su cosa bisogna fare per affiggere sui pubblici muri un annuncio economico, ma la cosa ha lo stesso sapore delle iniziative di certi secchioni petulanti, di fronte alle quali non si può trattenere un ghigno di vago compatimento per l'eccessivo zelo (poi, per amor del cielo, bravo lui!).
Eccesso n.2 Io e V. siamo andate a sperimentare una cosa nuova: il gelato da Buosi. La piazzetta lì davanti, con le sue 4 panchine, è diventata il punto di ritrovo dei gelatofagi dell'estate comprese noi. Ecco. Peccato che i gelatofagi siano (escluse noi) degli incivili patentati. Oggi mi sono guardata intorno e, tra fazzolettini abbandonati per terra, bicchieri di plastica schiacciati dalle macchine, coppette semivuote abbandonate in giro...beh che schifo! Cioè, per quale motivo dovrei abbandonare la mia coppetta finita su una panchina accanto alla quale c'è un cestino per la spazzatura addirittura predisposto per la raccolta differenziata? Davvero disgustoso.
Ecco i due estremi: lo zelo petulante e lo schifo dilagante. Certo, tra lo zelo e lo schifo, meglio decisamente lo zelo. Solo mi ha fatto ridere il paradosso. E poi in questo momento non riesco ad approfondire il ragionamento, visto che sono con un occhio sul blog e con l'altro su Pretty Woman che, nonostante l'abbia visto 10mila volte, mi rapisce sempre.

martedì 6 settembre 2011

Tutto il mondo è Insubria

Non ci volevo credere. Eppure è così. Incredibile! No, cioè, sul serio! Facciamocene una ragione: tutto il mondo è Insubria. O se preferite: c'è un pò di Insubria in ognuno di noi (leggi "in ogni università italiana").
Insomma pensavo che la nostra bella Insubria fosse unica al mondo. Che avesse le sue stranezze, le sue disfunzioni, la nuvoletta di Fantozzi e la nebbiolina sfigata che le davano un'aria da Alcatraz...Invece mi sono dovuta ricredere (con una certa soddisfazione, devo ammettere).
Ma andiamo con ordine. Ieri sono andata con A. a visitare la Scuola (perchè, se tutto va bene, ad ottobre si torna a scuola). Ok, Milano è Milano, emanavamo un'aura di timore, meraviglia e stupore da vere provinciali in gita nella grande città (io incarnavo proprio il clichè, con tanto di cartina scaricata da Google...).
Ora, uno si fa una certa idea, nel senso che, dopo aver vissuto un'esperienza quinquennale in un'Università che non era nemmeno riuscita a far mettere i bottoni dell'ascensore corrispondenti al piano giusto, spera poi di salvarsi dalla disfatta rifugiandosi in un ateneo vero.
Invece no!!! Sono quasi emozionata! L'ASCENSORE DELLA STATALE HA I BOTTONI INVERTITI!!! Si, come da noi, uguale! Ma vi dirò di più, quando siamo riuscite ad approdare al piano giusto, dopo un lungo lavoro di interpretazione tasto/piano, abbiamo capito di essere giunte alla meta dal fatto che il corridoio era ingombro di scatoloni di toner! Proprio come da noi!! Quando poi ho bussato alla porta della segreteria didattica e non c'era nessuno nonostante fossimo lì nell'orario e giorno indicati....beh mi è venuto quasi da piangere! Mi sono sentita a casa. Come da noi, a Varese! Mancava solo la porta con scritto "aula tutor" e sarebbe scattata la lacrimuccia. La stessa sensazione ancestrale l'ho avuta parlando con il tipo della segreteria studenti che ha risposto alle mie domande con quell'aria smarrita tipicamente insubre (che comunica "vorrei risponderti "boh" ma non posso"), quel tono che trasuda insicurezza, quello sguardo come per dire: io ti rispondo ma declino ogni responsabilità. Certo, c'è da dire che mi sono quasi innamorata di lui quando, alla mia domanda "ma è sicuro?" ha risposto "certo, dottoressa!". Ahhh, che soddisfazione! Volevo abbracciarlo! Son quelle cose che fanno sciogliere. Certi uomini sì che sanno parlare alle donne!
Insomma, sarà un segno del destino, sarà che siamo tutti sulla stessa barca, sarà che tutto il mondo è paese, ma constatare di persona che...beh che non mi sono proprio fatta mancare niente, durante la mia esperienza universitaria, che l'ho vissuta esattamente come qualunque altro studente d'Italia, con le stesse disfunzioni, mi fa capire che, alla fine se gli svantaggi ce li hanno tutti si elidono. E se gli insubri svantaggi si elidono rimangono solo i vantaggi! Quindi, secondo una semplice operazione matematica, è andata meglio a me (leggi: noi) che agli altri! Quindi la giornata di ieri ha decisamente risollevato il mio orgoglio. Bene bene. E anche questi tutor (li chiamo così ma erano gli studenti addetti all'infopoint)...pensavamo che fossero migliori di noi, che fossero i tutor veri, e invece non erano a conoscenza nemmeno dell'esistenza della nostra meta. In compenso rimorchiavano alla grande!

domenica 4 settembre 2011

Il profumo dell'autunno

Bene. Ieri ho visto l'autunno finalmente! Fa ancora caldo ma il grigio dell'autunno è inconfondibile. Anche la pioggia ha un odore diverso. L'asfalto si impregna, riflette tutte le luci dei semafori, delle macchine, fa un rumore particolare quando viene calpestato, si impregna di umido e di foglie. C'era un artista che faceva dei quadri che rendevano benissimo l'idea ma non mi ricordo come si chiama (se qualcuno lo sa..).
Il profumo dell'autunno è un mix interessante: a parte l'asfalto bagnato abbiamo note di carta stampata e di caffè, di cicca alla menta e di cioccolata calda, di brioche surgelata e scaldata al microonde e di stress, di naftalina e di lana, di alcool, di chiuso...è un odore così familiare che ha qualcosa di ancestrale, di viscerale. Mi fa sentire bene e ieri l'ho sentito nell'aria. L'autunno si avvicina finalmente! E quando arriverà l'inverno sarà ancora meglio!
E così da ieri ho 24 anni. Mmmmmm...sarebbe troppo scontato fare l'ennesimo bilancio della mia vita fin quì. Ormai bilancio talmente tanto che avrei bisogno del CERN per calcorale i decimali con una bilancia atomica.
Sarebbe scontato anche fare propositi per il futuro. Un pò perchè mi fanno paura, un pò perchè queste cose (chissà perchè, poi) si fanno a Capodanno (tra l'altro devo dire che i miei propositi dello scorso Capodanno li ho mantenuti abbastanza- a parte quello della palestra chiaramente, ma quello è un proposito che si fa a prescindere per sentirsi la coscienza a posto, sapendo già che non verrà mantenuto..).
Quindi. Niente bilanci e niente propositi. Mi godo l'atmosfera dell'estate indiana.

giovedì 1 settembre 2011

Post schizzofrenico: 1) Imparare a dire no. 2) Le porte dell'Esselunga si chiudono alle 19.00

Niente giri di parole stavolta. Buttiamoci subito a capofitto nei temi di questo post.
Bisogna imparare a dire di no. Eh si bisogna imparare a dire di no. Perchè è tanto bello essere yesmen ma bisogna anche fare i conti con la realtà. E' inutile che io dica che posso fare una cosa se non la posso fare (leggi anche "voglio"). Dico sì perchè, a volte dire no fa brutto. Poi magari uno si offende. Da un no possono derivare diverse conseguenze non sempre gradite. Dal sì...beh intanto vediamo. Intanto non mi sono chiusa una porta e ho detto si. Al massimo poi disdico. E qui casca l'asino! Dicendo sempre si, tengo aperta una porta senza sapere se devo passare e intanto entra il freddo e si crea corrente (poi viene il mal di gola e ci si deve imbottire di schifosissima propoli). Mi spiego meglio. Se so dall'inizio che una cosa non la posso fare, o non ho voglia di farla, o non sono in grado di farla, meglio dire no subito. Così chiudo la porta e lascio che l'interessato possa trovare qualcun altro a cui dare la chiave (certo, Trimarchi 'ste cose le spiega con molto più stile..). Lo dico come promemoria personale, ma anche in generale. Se vi chiedo una cosa, qualunque cosa, di qualunque natura, tipo, specie, forma, grandezza, importanza, se non vi sentite in grado di darmela ditemi no subito. "No guarda Franci, non ce la faccio, devo controllare la scadenza degli yogurt in frigo e non ho tempo". "No, Franci, mi spiace ma sono così occupato a pettinare le Barbie che proprio non faccio in tempo". Amici come e più di prima. Ma così almeno posso provvedere diversamente.
Magari questi yesmen della domenica sono anche in buona fede, poveri. Magari dicono sì credendoci davvero. Ma il più delle volte dicono dei sì che vogliono dire no. Ora, siccome su una scala da 1 a 10 io, nelle mie relazioni interpersonali, sono sincera 9,5, mi chiedo perchè le altre persone, bene che vada sono sincere 7,5/8 (a stere larghi). Forse perchè sono più sgamati, ma certe volte, che bisogno c'è di essere sgamati? Cioè, se si è sgamati anche in certe situazioni, quand'è che si è sè stessi? E poi va a finire che passo le serate ad arrovellarmi il Gulliver su cavolate come "essere di più me stessa" " limitarmi meno"...Al diavolo! Agli altri, evidentemente bisogna dare solo quello che si aspettano. Dire tanti sì, come quelli che si dicono alla mamma quando ci manda a fare qualche commissione noiosa, tipo "sì, dopo vado" e poi non andare.
A parte questo...vorrei ripspondere a Lucy, avevamo intrattenuto uno scambio di post anche qualche mese fa, remember?
Ho letto il suo post di martedì e mi sono sentita chiamata in causa in qualità di neogiurista (che titolone...) e mi sono messa a riflettere.
Al mondo ci sono persone insicure. Mi danno tanto sui nervi ma ci sono. Esistono. E mi annovero tra di loro (sottointeso che mi do sui nervi da sola..). Purtroppo c'è chi ha avuto l'immenso dono di sapere ciò che vuole da se stesso e dalla vita e le energie per ottenerlo, e c'è chi, come me, ha preso solo tranvate ogni volta che si è azzardato a pensare di direzionare la sua vita.
Da innocente neodiplomata piena di sogni e speranze, fiduciosa nella vita e nel futuro, ho passato l'estate della maturità, quella che avrei dovuto trascorrere tra spiagge e ragazzi, a studiare. Studiare perchè pensavo che la mia strada fosse fare il medico. Volevo quello dalla vita, punto. Non c'erano alternative. E allora, finiti gli esami mi sono messa sotto e ho studiato. Ho anche frequentato dei corsi supplementari, a Milano, che mi comportavano di prendere il treno ogni mattina alle 6 (era agosto...), 2 metro e 10 minuti a piedi. Ma ci credevo. Credevo in me. Poi TRAK! qualcosa si è rotto quando ho visto che il mio nome sulla graduatoria non c'era. E adesso? Il vuoto. Parlo di vuoto emozionale. Un baratro, un buco nero. Invece di fare come molti, iscrivermi a biologia e riprovare l'anno dopo, ho voltato le spalle al brillante futuro di un chirurgo che non era nemmeno riuscito a superare il test d'ingresso all'università (spinta anche dall'influenza di altre persone), ho seguito un consiglio autorevole e mi sono iscritta a giurisprudenza. Guarda caso quell'anno l'Insubria apriva giurisprudenza a Varese. A 100 m da casa, non dovevo nemmeno attraversare la strada, vah che fortuna! E poi ormai il 20 di settembre anche la Cattolica aveva chiuso le immatricolazioni. E così eccomi là, giurista per caso, depressa e svogliata. Eccomi là che prendo una decisione: cascasse il mondo io tra 5 anni sono fuori di qui. E dunque eccomi qua, fuori di lì in 4 anni e mezzo. Certo, in 4 anni e mezzo ne cambiano di cose. Perchè dopo anni di diritto, accorgendoti, tra l'altro, che fare questa cosa ti riesce anche bene, senza sforzo, chi ha voglia di ricominciare a studiare chimica? Il problema, quello che non avevo proprio messo in conto, era che ad un certo punto cominciasse a piacermi! Pensavo che mi avrebbe fatto schifo per sempre! Che sarei diventata avvocato per inerzia, magari chiudendomi in uno studiolo qui a Varese, piccolo ma avviato, a risolvere le mie brave liti condominiali. Invece RITRAK! Qualcos altro è cambiato quando mi sono accorta che tutto questo non mi faceva così schifo. Anzi, mi piaceva, Stavo assorbendo la forma mentis giusta e tra una menata e l'altra diventavo più consapevole. Eh già. Consapevole di cosa non potevo più fare. Di quante porte mi ero chiusa accettando voti mediocri ottenuti studiando in una settimana. E così eccomi qui, con un voto di laurea la cui unica consolazione è di rientrare per un pelo nei "pieni voti", mille porte aperte davanti e io...io sono l'ultima della fila davanti ad ognuna.
Tutto questo per dire (se no invece di un post scrivo un libro)...Non si tratta di mediocrità nella preparazione, o di rifugiarsi in una carriera facile per avere il tempo di fare la spesa all'esselunga entro le 19. Anzi, quando mi sento dire aberrazioni tipo "sei una donna, fai il magistrato così hai la maternità e degli orari umani" oppure "i magistrati non fanno un cavolo e guadagnano un botto" mi vengono le bolle (ma d'altronde quale categoria di professioni legali non soffre di pregiudizi del genere?). Almeno nel mio caso si tratta di un ritardo. E del mio misero tentativo di salvare il salvabile, di trovare un nuovo obiettivo, una nuova meta che mi faccia correre a tutta velocità verso qualcosa che, a mia insaputa, è nascosto dietro un vetro infrangibile contro il quale andrò a sbattere facendomi un male assurdo. Vorrei essere preparata, vorrei essere brava, vorrei essermene accorta prima ed essermi laureata con 125 lode bacio accademico, vorrei essere rimasta in università, vorrei un lavoro che non mi faccia tornare a casa la notte e che mi faccia dimenticare di fare la spesa e anche di mangiare, vorrei sapere che sono in grado di affrontarlo. Invece faccio a pugni con i miei limiti. Ma tant'è, posso rimproverare solo me stessa. E' finita l'era degli alibi. Ma non si tratta di "approvazione dell'happy hour" o di desiderio impellente di fare la spesa all'esselunga prima delle 19. Faccio la mia fila e spero che la porta non mi si chiuda sulle dita.