mercoledì 30 maggio 2012

Apologia del Capitano Schettino

L'abbiamo preso in giro, l'abbiamo deriso senza pietà, senza considerare alcuna attenuante. Ci siamo presi gioco di lui, è diventato l'oggetto più gettonato delle nostre barzellette, peggio dei carabinieri.
Ma non abbiamo considerato la situazione: spostare una nave enoooorme ed ingombrante come la crocera Costa,  non è uno scherzo. Cioè, è ingombrante, pesante, occupa gran parte dello spazio disponibile, non si vede bene dagli specchietti retrovisori, cioè non è mica come la Panda che la parcheggi dove ti pare. E' più come la Mini, che ha il cruscotto talmente piccolo che non si vede nulla. Però più maxi, non so se mi spiego.
Ok, la smetto, chiaro, sto scherzando.
E' che volevo fare una metafora partendo da lontano (come mio solito, se no che ci scrivo su questo blog?).
Il fatto è che oggi mentre pranzavo da Claudiano pensavo alla classica metafora della strada: cercare la propria strada, mantenersi sulla strada maestra e cose del genere. Ecco, secondo me non è adatta.  Perchè, alla fine, scegliere tra una strada e l'altra, da una determinata percentuale di errore. Se le strade sono 3, una sola è quella giusta, avrò il 33% circa di possibilità di imbroccarla. Come dire, il danno è prevedibile nel quantum. Ma pensavo al mare e al fatto che è una estesa, sterminata tavola ondosa che gli esperti impiegano anni per conoscere ed interpretare bene e di cui, anche i migliori, non si fidano mai completamente. Ecco, secondo me la ricerca del proprio posto nel mondo somiglia più alla ricerca di una rotta. Nel mare sconfinato. Per questo ho pensato che non è poi tanto giusto biasimare il povero Schettino. E' difficile cercare la propria rotta, è difficile, senza vedere la terra rimanere a galla, magari con la chiglia sfondata. Soprattutto è difficile perchè la rotta non si vede, solo chi sa leggere bussole, sestanti e Johnny Depp, sanno trovarla senza difficoltà. E poi onde, tzunami, correnti del Golfo, scogli sommersi... molto meno agevole che trovarsi ad un bivio e scegliere. D'altronde in questo periodo penso che sia anche normale sentirsi un pò sballottata dalle onde. Di qua, di là...incertezza.  E' anche vero che mi sono recentemente accorta di soffrire di una particolare insofferenza alla stabilità. In tutti i sensi. V. dice che ho un talento particolare per i salti nel vuoto, mi riescono bene. Sarà. Il fatto è che sento la necessità di molti salti nel vuoto. Per avere un brivido. L'ignoto fa paura, è vero. Ma saltare dall'alto è notoriamente uno sport estremo, da vuoto allo stomaco. Non lo farei mai da un ponte o da una scogliera, ma dai trampolini della vita si. Perchè stare sul ponte della nave a fissare l'orizzonte mi fa venire la nausea, la barca beccheggia, su e giù, e io divento verde. E poi fa caldo, sudo, c'è il sole e mi viene l'eritema. No, ogni tanto devo fare un tuffo, un salto nel mare (perdonate l'incoerenza della metafora, ma preferisco immaginare di saltare in una piscina, non per i limiti dei bordi, ma per la rassicurante e igienica presenza del cloro), sguazzare un pò nella frescura e salire su un'altra barca prima che le braccia diventino troppo pesanti per tenermi a galla. Non voglio dire che l'equilibrio mi faccia schifo, che non vorrei che l'altalena si fermasse. Verrà un giorno (come diceva Fra Cristoforo) in cui il mio istinto mi chiederà di fermare l'altalena, di piantare radici, di accettare di percorrere la rotta costeggiando la riva. Non ora, ma verrà un giorno. Lo so.

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