venerdì 1 giugno 2012

La mia prima volta

Ho avuto una strana sensazione stamattina. Il Tribunale sembrava un posto diverso: chiuse le porte dell'aula D, sembrava addirittura di non essere in Tribunale. Ho notato l'arredamento trash-chic con lampade di tre colori che proiettano luci sugli archi a sesto acuto che sovrastano le finestre, la bandiera italiana un pò sbrindellata e con il bianco ingrigito, le sedie scompagnate che si accumulano, secondo la moda del momento, almeno dagli anni '70, i microfoni un pò incantati che, sssssssa ssssssa prova prova, tagliano le frasi del Giudice a metà.
Quando ero piccola, la mamma mi portava con lei nella scuola in cui insegnava e mi lasciava con la suora portinaia mentre lei faceva il collegio docenti o gli scrutini. Io, eludendo la sorveglianza sonnecchiosa della suora occupata prevalentemente a ricamare centrini, me ne andavo a zonzo per i corridoi alti e silenziosi, lunghissimi e luminosi. Mi aggiravo spiando nelle aule deserte e apprezzavo la penombra e l'odore di carta e di matite colorate. Le mie stanze preferite in assoluto erano l'aula di scienze e il teatro (si, era una scuola meravigliosa, almeno nei miei ricordi d'infanzia). Nell'aula di scienze c'erano vetrinette che lasciavano intravvedere modellini del corpo umano, vasi pieni di formalina e sconosciute forme ingrigite il cui mistero era svelato da adesivi ingialliti e sbiaditi. E poi c'era un gufo impagliato, lo adoravo. Il teatro invece era grande e aveva le poltroncine rosse. Mi divertivo a cambiare poltroncina per valutare da quale posizione si vedesse meglio il palco, poi salivo sul palco e cantavo Bennato. Tutto questo, per dire che guardando il Giudice e la bandiera sbrindellata dietro di lui, oggi, specialmente l'asta della bandiera, mi sono tornati alla mente quei momenti un pò ancestrali, un pò viscerali di quando accompagnavo la mamma al lavoro. Non so per quale motivo. Quelle sedie, quell'odore, quella luce, quei pannelli di legno smangiucchiati dal tempo, l'atmosfera da ufficio pubblico, di quelli con le pareti gialline, l'orologio marrone cubico appeso al soffitto e, alla parete, il calendario dei carabinieri, una veduta assolutamente anonima e la foto del Presidente della Repubblica. Ci si accorge che il tempo passa solo quando cambia il Presidente della Repubblica. Ecco, ho avuto la netta sensazione che lì dentro il tempo non passi, visto che non c'era la foto del Presidente della Repubblica. C'era solo la scritta "La legge è uguale per tutti" e non ho saputo ricondurla ad un epoca storica particolare, di certo non è un segnale di modernità. A conferma che lì dentro il tempo è fermo all'Assemblea Costituente. In effetti, seguendo lo stream di pensiero di questo inutile post, in un'altra aula del Tribunale ho trovato un'atmosfera da tempo immoto: l'aula H. Lì però è una caratteristica triste: alle pareti sono appesi ritratti di grandi giuristi del passato. Vecchi. Tutti. Cioè, lo so che il giudizio di grandezza di una persona va operato ex post, a posteriori, mica si può sapere in anticipo se qualcuno compirà grandi gesta. Ma vedere quei ritratti di vecchietti mi fa una certa tristezza. E' come se fossero lì ad osservare le mancanze dei giovani, a fissare nell'immobilità delle loro espressioni risultati che non raggiungeremo mai, diffondendo nella polvere la convinzione che si stava meglio quando si stava peggio e che nulla di buono ci si può aspettare da questa generazione perchè il bello e il buono che c'era nell'uomo si è esaurito nei mustacchi dei vegliardi e nella severità del loro sguardo. Come quel ritratto, nella stanza accanto alla tua, ti ricordi? Non da la stessa sensazione? Lascio a questo blog una disposizione da applicare se dovesse capitarmi la fortuna di entrare nel novero di coloro che vengono definiti "padri della materia" (di una qualsiasi materia, chissà...): io voglio che la mia fotografia nelle stanze delle istituzioni pubbliche mi ritragga giovane. Non perchè io sia particolarmente bella, o (tanto meno) fotogenica. Ma perchè trovo che sia più utile avere davanti l'immagine di un giovane che ce la può fare piuttosto che quella di un vecchio che ce l'ha fatta, no? E' la regola della potenza.
E con questo vi ho raccontato le mie più o meno deliranti  sensazioni durante la mia prima volta ad una udienza penale (si, ero molto attenta all'udienza..).

Nessun commento:

Posta un commento