domenica 1 aprile 2012

Gli occhi delle stelle

La conoscete la storia "Gli occhi delle stelle"?
Quando ero piccolina mia mamma mi ha regalato un libricino che io adoravo. Me lo facevo leggere decine di volte di seguito, e io guardavo i disegni. Volevo rendervi partecipi del fatto che credo di aver capito solo ora il significato di quel libro. Dopo una sbronza epocale, una lunga dormita, un caffè e un vano tentativo di studiare amministrativo per mercoledì.
Era la storia di una Talpina che viveva tranquilla sotto terra. Ogni tanto, la notte, usciva per fare una passeggiata e guardava il cielo, e vedeva le stelle bellissime, luminose e brillanti, che trapuntavano il cielo a migliaia, rendendolo un immenso prato diamantato. Immaginava che anche tutto il resto del mondo dovesse essere all'altezza di tali bellezze: i fiori (di cui sentiva solo il profumo), gli animali, il bosco etc, ma di giorno non usciva mai, perchè era molto miope e i suoi occhi, abituati al buio delle viscere della terra, vedevano male. Un giorno, presa dalla voglia di vedere finalmente tutte queste meraviglie, decise di andare dal Signor Gufo, di professione ottico, per farsi fare un paio di occhiali. Dopo una accurata visita ocuistica il Gufo preparò gli occhiali per la Talpina ma, prima di consegnarglieli, le disse: -Ma Talpina, tu sei fortunata, vedi le cose con gli occhi delle stelle, perchè vuoi gli occhiali per vedere tutte le brutte cose che ci sono in giro? La Talpina, emozionatissima, si infischiò dei consigli del saggio Gufo e inforcò gli occhiali.
Le si aprì davanti una distesa desolata di alberi inframezzati a rifiuti abbandonati dagli uomini, la strada in cemento che attraversava il bosco, cimitero di ricci e ranocchi, il torrente che scorreva schiumoso e torbido. -Signor Gufo, ma perchè tutto quello che io mi immaginavo bellissimo in realtà è così orribile? E il Gufo rispose qualcosa come: - Talpina cara, cosa vuoi che ti dica... Quello che uno si immagina è sempre meraviglioso ma la realtà fa i conti con le persone e la loro inciviltà.
La Talpina, dopo un giro nel bosco con gli occhiali, prese una decisione: -Signor Gufo, guardi, grazie mille per avermi costruito gli occhiali. Io la pago lo stesso, per amore del Cielo, ma se li riprenda che non li voglio più. Preferisco guardare il mondo con gli occhi delle stelle.
Ora. Questa è chiaramente una storiella per sensibilizzare i bambini al problema dell'inquinamento. E' un libretto "verde" teso a instillare il senso di colpa nell'ignara creatura che pensa "povera Talpina...io non getterò mai per terra i rifiuti, così lei vedrà un mondo bello anche con gli occhiali".
Io infatti piangevo per la povera Talpina ma credo, più che per i sensi di colpa sul fatto che il detersivo dei piatti contribuisse ad aumentare i livelli di schiuma dell'Arnetta, per il romanticismo intrinseco della frase "preferisco guardare il mondo con gli occhi delle stelle" (che, guarda caso, è l'unica che riesco a citare testualmente, per quanto i miei ricordi mi consentono).
Oggi, dopo la sbronza, appunto, e con la sensazione di aver completamente resettato il cervello, come se avessi avuto bisogno di arrestare il sistema per poter installare gli aggiornamenti, penso che il motivo per cui questa frase mi suonava tanto triste mi sia finalmente chiaro. La Talpina è fondamentalmente una rinunciataria consapevole e non meritevole di biasimo.
Perchè stamattina mi sono svegliata e mi sono chiesta: ok, ma io cosa voglio? La verità è che non lo so. E che vorrei smettere di arrovellarmi il gulliver per cercare di capirlo. Vorrei avere il coraggio della Talpina. Un coraggio che va oltre il semplice chiudere gli occhi davanti alle cose brutte. E' più un istinto di autoconservazione. Ferita dalle crudeltà del mondo, preferisce togliere gli occhiali, rimettersi le celeberrime fette di salame sugli occhi, se vogliamo allargare la metafora, fuggire (chiaramente leggendo queste parole, vi prego di contestualizzare le parole "crudeltà del mondo"...).
L'avevo già fatto questo discorso, tempo fa, parlando dei Testimoni di Geova e dei loro opuscoli pieni di felicità, forse avevo anche citato la favoletta degli occhi delle stelle. Ma è vero, cavolo!
Perchè devo farmi del male passando le giornate a farmi venire l'ulcera, quando potrei tranquillamente ignorare tutto e accontentarmi di quello che capita? Perchè devo lasciarmi influenzare dal fatto che quello che mi capita non è quello che voglio (e qui andrebbe aperto un dibattito sul tema "perchè per ottenere di più, a volte, basta desiderare di meno")? C'è anche gente che crede che la vita e il destino sappiano scegliere per loro, come una specie di istinto esterno che sa sempre qual'è la cosa giusta per ognuno, un karma deformato e piatto. Alla fine, con gli occhi delle stelle si affrontano con innocente e beata inconsapevolezza le cose brutte e con altrettanto innocente beatitudine le cose belle, che a pensarci è molto positivo, no? Lasciarsi scorrere addosso le cose brutte e invece vivere con la gioia di bambini quelle belle, invece di somatizzare le une e dubitare delle seconde, diffidando addirittura della loro genuinità e comunque percependo in anticipo sui tempi la loro fugacità. Perchè rendersi impossibile concepire l'idea del "per sempre", insopportabile l'idea di "amore", lontana l'idea di "sincerità", quando si potrebbe vivere con la leggerezza di un inquilino della casa del Grande Fratello e piangere finte lacrime per finti casi umani, e baciare ed abbracciare finti amici fraterni (ovviamente credendo che sia tutto vero, tipo "The Truman show").
E, credete, non sono l'unica a pensarla così! Consiglio di autorevole dottrina: vuoi trovare un uomo? Fingiti scema. Agli uomini non piacciono le ragazze troppo impegnative. Tu sei troppo impegnativa.
Bene. Sono pure impegnativa. Questa è la dimostrazione che cercare dentro sè stessi la consapevolezza del mondo circostante, cercare di capire le cose, inquadrare l'amore nelle infallibili leggi di wom, fare ore di pollaio in treno per decriptare quanto ci circonda, studiare nuove frontiere della genetica (tra cui che l'incapacità di parcheggiare è sicuramente contenuta un gene posizionato sul cromosoma x, e non per un assunto scontato come quello che sicuramente è venuto in mente agli egregi lettori uomini di questo blog...) è una fatica inutile che fa male a me e agli altri! Dovrei semplicemente smettere di preoccuparmi (oltre che di farmi aspettative, ma questo è un altro discorso, che affronteremo in un altro post), rinchiudermi nel guscio del mio clichè, invece di abbandonarlo per cercare una concreta identità di donna. Accettare il dato di fatto che Armando è uscito dalla Casa e il fatto che io faccia di questo un patema non cambierà le cose.
E' come rinunciare a capire per studiare a memoria. Conosco gente che lo fa e che a scuola è sempre andata molto meglio di me, che invece di studiare a memoria non ne ho mai voluto sapere. Visto? Mettersi in gioco non paga, quindi la soluzione è: mettere gli occhiali, vedere che è troppo difficile, togliere gli occhiali e continuare a vedere il mondo con gli occhi delle stelle.

2 commenti:

  1. Ho sempre pensato che portare gli occhiali sia sempre meglio - per noi, per il c.d. self-respect, per gli altri - che vedere le cose in maniera appannata.
    Personalmente, credo che essere "impegnativa" sia una virtù, non una pecca.

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    1. Eh l'ho sempre pensato anche io...il problema è che se poi cambi idea non puoi più toglierli!
      Per quanto riguarda l'impegno...beh lo spero bene che non tutti gli uomini la pensino come la mia autorevole dottrina...se no sono fregata!

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