domenica 28 agosto 2011

L'onda e lo scoglio

Scogli o onde? Questo è il problema. Siamo scogli o onde? E' la domanda che mi sono posta stamattina. Siamo dura roccia ancorata alla razionalità, fermi mentre tutto intorno a noi si muove, o siamo onde di irrazionalità che dondolano e si infrangono sulla spiaggia? Curioso il fatto che pensando a questa immagine mi sia figurata un mare in tempesta. Lo scoglio sempre fermo lì in mezzo, ma le onde che lo circondano sono agitate, nere e scure, inquiete e rabbiose. Innanzitutto mi chiedo se sia più difficile fare l'onda o fare lo scoglio. L'onda è peregrina, non sa dove finirà, si schianterà contro una parete rocciosa, rotolerà sulla spiaggia dissolvendosi in spuma, oppure dondolerà nel mare, senza meta, nella più totale insicurezza. Lo scoglio è sempre lì fermo, vede il mare che si agita intorno a lui e si fa corrodere dal sale, ma è sempre sicuro della sua stabilità. Poi mi chiedo se sia più comodo fare l'onda o lo scoglio. L'onda è liquida, senza legami, lascia liberi i pesci di muoversi attraverso di lei, li influenza un pochino con il suo moto placido. Lo scoglio invece è qualcosa a cui ci si aggrappa nei momenti di tempesta, ma allo stesso tempo un sasso duro contro cui sbattere la testa.
Morale: siamo scogli o onde? Razionalità o irrazionalità? Ci aggrappiamo alla realtà o partiamo per la tangente? Innanzitutto cerchiamo di non fare di tutta l'erba un fascio. Intendiamoci, ognuno può scegliere di essere onda o scoglio (maiale o gallina, come diceva qualcuno...ok, la spiego brevemente: della gallina mangiamo le uova, del maiale mangiamo le costine. La gallina contribuisce, il maiale mette tutto se stesso. Bisognerebbe sempre chiedersi, in un rapporto umano, se si preferisce essere maiale o gallina), con i relativi pro e contro. E credo che il punto sia proprio questo. Dipende da noi, essere l'una o l'altra cosa. E' una scelta. E come tale va seguita con coerenza. Scegliere di essere onda, però, ha una conseguenza in più: che seguire coerentemente la filosofia dell'onda ti porta all'incoerenza, creando un circolo vizioso e confuso. Ma chi l'ha detto che in un mondo di scogli non vada bene anche essere un pò incoerenti? Credo che questa potrebbe essere una delle sfide più grandi per me: essere onda, essere incoerente, fare qualcosa completamente privo di senso, e magari contraddirmi un secondo dopo. Alla fine solo essendo incoerenti si riesce ad essere veramente liberi? E' questa la chiave? E cosa succede quando la mia incoerenza incontra uno scoglio, o meglio, quando la mia libertà incontra quella di qualcun altro? Mia nonna diceva che la libertà di ognuno finisce dove comincia quella degli altri. Io mi sono sempre sentita presa per i fondelli da questa massima, perchè, per come sono fatta, la mia libertà nemmeno comincerebbe, perchè sarebbe circondata dalle libertà di tutti gli altri. E allora quando sarebbe il mio turno? Quando tocca alla mia libertà? "E lasciati andare!" direbbe V. Già. Fare l'onda, almeno per un pò, per vedere com'è dondolare (anche se soffro di mal di mare), essere egoista, impedire agli altri di attaccarsi come cozze, lasciare scivolare via tutto.
Poi stamattina, in maniera del tutto inconsapevole, V. ha detto una cosa che mi ha acceso una lampadina. Mi stava dicendo che la sveglia del cellulare non ha funzionato. Che dovrà portarsi una sveglia vera a Parigi. E io le ho detto: "Ma perchè, a Parigi ti devi programmare la sveglia? Sei in vacanza, dormi quanto ti pare! (Leggi: Fai l'onda)" e lei: "Si, ma devo girare, fare, vedere! E poi devo andare ad Euro Disney, devo svegliarmi!".
Allora ho pensato: eccolo! Eccolo il cancello della mia libertà, l'argine della mia scelta: lo scopo.
Perchè fare l'onda fa paura, il mare è grande, la tempesta è potente e il vento è sferzante. Fare lo scoglio è terribilmente noioso, e ha la controindicazione di essere continuamente consumati dal sale e dalle odiate cozze. Ma se si ha uno scopo, se si corre verso qualcosa, come una corrente, si riesce ad indirizzare la potenza dell'onda verso qualcosa che può farci sentire meno sperduti, meno in balia di noi stessi, meno frustrati. Si riesce a sopportare meglio il fatto che gli altri si appiccichino allo scoglio come gli antipatici frutti di mare, pur di raggiungere lo scopo.
E se subentra la quotidianità, a spargere il suo velo di noia e di immobilità su tutto, sta solo a noi smuovere le acque. Ci giustifichiamo con mille alibi: non ho tempo, sono stanca, devo studiare, devo lavorare, è colpa degli altri, devo devo devo.......non c'è devo che tenga. E' faticoso, è difficile e spesso richiede uno sforzo immenso, ma è solo la tensione verso qualcosa, la nostra volontà, che ci tiene a galla nel mare della quotidianità (che, per inciso, è un mare sempre in bonaccia).
Ma bisogna volerlo. Bisogna tenere la testa fuori e continuare a nuotare anche con i crampi, senza aspettare che arrivi Mich di Baywatch con il suo salvagente-supposta a tirarci fuori. Certo, nuotare verso qualcosa è più stimolante ma ogni tanto credo che sia già un miracolo mantenersi a galla e non lasciarsi andare alla tentazione di farsi sommergere, quando arriva il momento in cui nuotare fa talmente male che l'idea di lasciarsi coprire dal silenzio dell'acqua non fa più tanta paura.

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