lunedì 23 gennaio 2012

Metti un giorno a Madonna di Campiglio

Metti un pomeriggio in montagna, fresco, invernale ma senza neve, chiaro e terso, qualcosa di frizzantemente inebriante nell'aria.
Metti uno strano fermento che pervade Madonna di Campiglio, le persone che camminano per strada emanando un'aura adrenalinica che si spande per il centro e il rombo delle macchine che riempie lo spazio quasi fosse solido.
Metti la voglia di partire, la voglia di vincere, la voglia di arrivare.
E' la partenza della Winter Marathon, sono al terzo caffè e aspetto di ricevere la tabella di marcia.

Metti la stanchezza devastante di 12 ore di gara, le palpebre pesanti, la tensione accumulata nelle spalle e nella schiena.
Metti il ricordo delle curve sul Passo Sella, quando il sedere della macchina scivolava verso il guard rail e non girava, della neve sul Pordoi che entrava dal finestrino e feriva la faccia, della fatica quasi fisica della macchina n. 1 superata mentre saliva verso la cima del Gardena.
Metti la consapevolezza di aver fatto una brutta gara, la consapevolezza che anche tutti gli altri hanno fatto una brutta gara, il sospetto di aver fatto una gara migliore degli altri.
E' l'arrivo della Winter Marathon, mangio un toast con R. e M. alle 5 del mattino e aspetto gli ultimi tempi.

Metti F. appoggiato al banco del bar con calcolatrice e penna, che conta le penalità prova per prova.
Metti gli ultimi 4 reduci che, fino all'ultimo, sono rimasti ad aspettare le lungaggini di un commissario disperso tra le montagne che non arrivava mai.
Metti la moquette scozzese dell'albergo, le poltrone rosse che sembrano comode come letti, l'odore del Natale che svanisce lentamente, di sigaro, di noccioline e aperitivo, l'odore della neve che penetra dalle finestre, il sapore di una vittoria silenziosa che stento ancora a credere che sia nostra.
E' l'alba del 21 gennaio, non nevica più, il cielo è rosa e io infilo il pigiama, un sorriso sulla faccia mentre mi addormento.

Metti che un giorno la strada, la neve, il tempo, la velocità, le dita, i piedi, la mente, la fortuna, si uniscano  nel mix perfetto che crea un'emozione vera.
E' la Winter Marathon 2012.
E abbiamo vinto noi.

sabato 14 gennaio 2012

Note di qualità

Non ce la faccio più, ho bisogno di una valvola di sfogo (non vi preoccupate, non vi aspetta una pappardella sulla tristezza del mondo e la crudeltà della vita..).
E' che a volte si trova qualcosa di talmente bello che 1) si ha bisogno di condividerlo con tutti e 2) ogni volta, il contatto provoca una specie di contorsione intestinale, una cosa molto simile all'innamoramento, quando vedi una persona e ti compare un sorrisino scemo sulla faccia, cominci ad arrotolatri ciocche di capelli intorno alle dita e, appunto, il tuo intestino si ribella, ti passa la fame, ti passa il sonno e, cosa peggiore, non ti passa il sorrisino scemo.
Bene, io ho trovato la musica. Devo dire che da bambina (al di là di Cristina D'Avena, chiaramente) e da adolescente non ho mai avuto un gusto musicale propriamente definito. Quando mi chiedevano che musica apprezzavo mi mettevano sempre in crisi. La domanda sul cantante preferito era un vero supplizio perchè, finita l'era di Cristina D'avena, mi trovavo ad incurvare sgraziatamente gli angoli della bocca verso il basso, sollevare le sopracciglia e rispondere: boh! Andava un pò meglio con la domanda sulla canzone preferita, nel senso che c'è sempre stato un certo numero di canzoni che non mi dispiacevano, ma da qui a dire quale fosse quella che avrei fatto suonare al mio funerale perchè proprio mi faceva torcere il fegato, beh...boh!
Diciamo che però sapevo benissimo cosa non mi piaceva. Quasi tutto. La musica, al di là delle colonne sonore dei film (e sempre della cara Cristina, ovvio) non ha minimamente segnato la parte spensierata della mia giovinezza, non saprei nemmeno dire perchè.
Però ultimamente ho scoperto la musica. Forse è semplicemente successo che è cambiata la musica (chi fermerà la musica? l'aria diventa elettrica) e ora incontra i miei gusti.
In principio era Il Genio e un concerto al Twiggy di Varese, mi pare il 2 ottobre del 2010. Ero nella saletta nera, birra in mano, scarpe nuove, tacco vertiginoso, avevo appena finito di litigare, avevo le lacrime negli occhi e Alessandra è salita sul palco e ha cominciato a suonare. Mi è piaciuta subito, ho pensato: ecco è questa la musica che mi piace, dove è stata finora? Dopo Il Genio ci siamo distratti, ci siamo appartati a parlottare in corridoio, e intanto suonava un ragazzo con un sacco di capelli castani e una chitarra. Mentre parlavo mi raggiungeva un'eco sonora in sottofondo: "quando fai la spesa cosa comperi? Di che colore hai colorato i mobili?" chiedo a G. : "chi è questo?" E lui: "Dente. Mi piace. Questa canzone si chiama Buon Appetito". Quando sono tornata a casa, per prima cosa ho comprato su i tunes l'album del Genio e mi sono innamorata di ogni singola canzone. Poi ho cercato quella Buon Appetito, cantata da quel tipo strano che avevo visto di sfuggita. Ad un anno e mezzo di distanza Dente è protagonista del 50% delle mie conversazioni, ho frantumato l'anima a diverse persone dicendo quanto è bello di qui quanto è bello di lì, sono stata a vedere due suoi concerti, ho i suoi album, e per ascoltare il suo vinile ho fatto riparare il vecchio giradischi di mio nonno. Dente mi buca il cuore, parla al mio cervello, e non c'è nulla di più affascinante. Accompagna i miei viaggi in macchina e la mia mente viaggia oltre la strada che mi sta davanti, segue percorsi suoi, presenti nel passato, o forse nel futuro, compagno preferito della mia immaginazione.
Ma da quella volta, al concerto, quando ho pensato che quella (quella comunemente conosciuta come indie) era la musica che mi piaceva, ho anche approfondito i miei gusti in merito. Dopo Dente è arrivato Vasco Brondi, mi piaceva il nome che aveva dato al suo progetto musicale: Le Luci della Centrale Elettrica. Mi piace, anche se se la tira un pò troppo, i suoi testi sono un elenco di associazioni di parole improbabili e assurde, la musica è sgraziata e dissonante. Ma mi piace.
Dopo Vasco Brondi, I Tre Allegri Ragazzi Morti, Baustelle, PerturbAzione, con la bellissima cover di Belle e Sebastian "Portami via di qua sto male" (titolo poco allettante ma, credetemi, ne vale la pena) DiMartino, Non Voglio che Clara, Zen Circus, Vinicio Capossela (che non c'entra molto con l'ambiente Indie, ma lo annovero lo stesso).
Un paio di settimane fa mi sono approcciata a Brunori SAS. Ecco. Se Dente si può definire tranquillamente l'erede di Battisti, di certo, Dario Brunori è l'erede di Rino Gaetano. Voce rauca, parole urlate direttamente dallo stomaco alla gola passando per il cuore. Le canzoni sono dei piccoli gioielli, delle ministorie, perfettamente definite, emozionali, viscerali, quasi patologicamente nostalgiche. Non ho apprezzato Brunori subito. All'inizio, come le cose che amo di più, non mi piaceva per nulla, lo trovavo sgraziato e poco musicale. Poi l'ho amato. Al punto di sognarlo. Ma ho capito che era un genio quando, leggendo "Cosa volete sentire?", ho trovato nel suo racconto la mia teoria del silenzio (e con questo non mi sto dando del genio, ma diciamo che ho notato una certa affinità, tale da farmi esclamare sul treno di ritorno da scuola: "Geniale!").
Direi che, ad occhio e croce, il cantautorato italiano degli anni zero è fortemente influenzato dal passato: dalle influenze anni 70 di Dente e Brunori a quelle sfacciatamente anni 80 degli Ex-otago e PerturbAzione. E' anche abbastanza riottoso e scontento come si può ampiamente dedurre dai testi di Vasco Brondi e Baustelle. E' incredibilmente più attento al testo che alla musica, cosa che si può agevolmente desumere da tutte le esperienze dei succitati cantautori.
Seguire questo tipo di evoluzione musicale è un pò come fare gare di regolarità: nessuno sa di cosa si tratta e, fondamentalmente, le persone che trovi sono sempre quelle.
Certo, le valutazioni da fare sono molteplici quando si parla di un possibile "scatto di carriera" di queste piccole gemme preziose ancora sepolte della musica italiana. Prendiamo Dente. Cosa ne sarebbe di lui se partecipasse a S. Remo, come molti auspicano? Diventerebbe famoso, certo, magari vincerebbe giusto un premio della critica, verrebbe deriso da Striscia per il suo nome (forse anche per i capelli, che sarebbe ora di tagliare), verrebbe sottoposto ad un attacco mediatico di medie proporzioni. Sicuramente guadagnerebbe di più. Potrebbe ancora permettersi testi come quelli de "L'amore non è bello"? Si sentirebbe in dovere di essere più commerciale, qualche agente gli direbbe di essere meno monotono, più vendibile. Insomma, in tempo zero sarebbe rovinato. D'altronde è anche mia speranza personale che un talento del genere venga condiviso dal maggior numero possibile di persone, perchè se le cose funzionassero bene sarebbe lui ad avere successo, non gli amici di Maria. E questo discorso si può girare a tutti gli artisti succitati (nota dedicata ad una ragazza che vendeva i biglietti per una festa a cui ho partecipato mesi fa: io chiedo "Quant'è?" "20 Euro" "20 Euro?! Ma almeno è compresa la consumazione?" "No! Ma ci sono un sacco di artisti!".....Ecco, tesoro bello, se ti stai ancora chiedendo perchè ti sono scoppiata a ridere in faccia in quel momento, leggiti questo post...Per la cronaca, gli "artisti" erano del calibro di Dj Tizio, Rapper Caio, e Tamarro Sempronio, per culminare con uno di cui nemmeno ricordo il nome che ad un certo punto ha chiamato due ragazze del pubblico a ballare sul palco: Sara e Giada. Ecco Sara era abbastanza disinibita di suo, Giada, invece, più in carne e meno sciolta, era caldamente incitata dal fine galantuomo: "Dai Giada! Facci vedere il culo!").
Vi annuncio anche che a breve (spero) ospiterò una guest star sul blog, giusto per far approfondire questo argomento da un vero esperto, uno che ne capisce. Intanto compiti a casa: andare a cercare su youtube tutti i miei citati cantanti, ascoltare la vera musica italiana di ritorno dalla tomba e leggere "Cosa volete sentire?", domanda che dopo, inevitabilmente, porrete a voi stessi aprendo un vuoto interiore emozionale colmabile solo con note di qualità.

sabato 7 gennaio 2012

Vergogna!

"Signora, sua figlia è appena morta, come si sente?"
"Signore, è preoccupato per suo figlio che è appena stato rapito?"
"Mi scusi, come si si sente a sapere che suo fratello è un serial killer perverso e crudele?"
"Signora, durante il processo guarderà negli occhi l'assassino di sua figlia?"
Ecco. Solo alcuni esempi virtuosi di giornalismo moderno. Oggi, nell'era del Grande Fratello che basa le sue ormai debolissime fondamenta sulle lacrime forzate e forzose di concorrenti sempre più anonimi, anche il telegiornale esordisce con queste amene domande. Immaginate la scena (del crimine): tua figlia imbrattata di sangue, morta, uccisa in casa sua dal fidanzato, il ragazzo che fino al giorno prima avevi ospitato a cena, quello per cui avevi praparato i regali di Natale. E la giornalista, sgomitando con tutti quelli che stanno cercando di scattare fotografie, allungare microfoni e registratori, non ha di meglio da chiederti che: "Signora, ma è triste?". NO! Sono contenta! Cavoli, l'ho pagato io per farla fuori, quella rompipalle!
Ecco, a quale titolo una domanda del genere rientra nel diritto di cronaca (locuzione ormai talmente abusata da aver perso qualunque significato..)? A chi, A CHI, interessa a titolo di cronaca, sapere se la signora è triste o no per la morte di sua figlia, ma soprattutto, chi mai potrebbe avere il dubbio, inevitabilmente da chiarire, che la signora non sia triste?!
Tutto questo sfogo nasce, oltre che dalle domande sempre più idiote dei giornalisti televisivi (che cercano, senza riuscirci, di trasformare la notizia in sensazione), anche dalla scelta di gusto e sensibilità operata dal sito del Corriere della Sera.
Inquadratura stretta, bianco e nero, immagine nitida: è un buco nero, contornato da terra. Scarpe di poliziotti e di periti tutte intorno al buco. Alcune corde calate nel nero. Al centro del buco, braccia e gambe aperte, una sagoma sformata e irriconoscibile, alla lontana riconducibile ad una forma umana. No, non è l'opening di un film horror. E' una delle 10-15 fotografie che il Corriere ha pubblicato sul sito. Fotografie mostrate duante un processo famoso, l'ennesimo processo mediatico. Sono le foto del recupero del corpo di Sara Scazzi.
Ora. Siamo proprio sicuri che queste foto siano protette più dal diritto di cronaca che dal segreto istruttorio? Meglio: siamo sicuri che queste foto siano protette più dal diritto di cronaca che dal comune senso del pudore, della decenza, del rispetto, della civiltà?
In Università mi hanno fatto leggere pagine e pagine, fiumi d'inchiostro, sulla definizione di "buon costume". Cosa è contrario al buon costume? Non si capisce mai, la dottrina e la giurisprudenza oscillano, come sempre, c'è addirittura chi dice che il "buon costume" sia una locuzione anacronistica. Beh,  a mio modestissimo parere, QUESTO è contrario al buon costume. Sotto tutti i punti di vista. La pubblicazione di foto del genere non è giustificabile in assoluto. E questo è il culmine dell'inutile sensazionalismo che la tv va ricercando in maniera intensva. E ma ormai non ne possiamo più. Quando vediamo la notizia sensazionale, lo spettacolo delle lacrime, del sangue e del sentimento cambiamo canale. Meno male. Certo, mi si potrebbe chiedere, ma chi ti ha detto di andartele a vedere le foto? Nessuno, non l'ho scelto io, mi sono comparse nella home page, sotto la scritta, probabilmente consigliata caldamente da un avvocato imbecille a scopo di sgravio di responsabilità: "Attenzione: immagini che potrebbero urtare la sensibilità". Grazie, Corriere, grazie perchè la mia giornata non avrebbe avuto senso senza vedere il corpo sfatto di una ragazzina che non riesce a trovare pace nemmeno nella morte. Grazie perchè non mi bastava "Quarto grado" che non ha di meglio da fare che intervistare, una settimana si e l'altra pure, Michele Misseri e farmi vedere, come il celeberrimo "occhio della madre", l'"occhio del PM" che indagatore si insinua nelle menzogne del mentitore seriale (puesta parte è del tutto inventata perchè, me ne vanto, non ho mai visto nemmeno una puntata di "Quarto grado"). Spero vivamente, sinceramente, che subentri una nuova generazione di giornalisti d'assalto, che sia in grado non solo di dare notizie coerenti con il DOVERE di cronaca (che è ben più utile e pregno del diritto, perchè è un impegno preso con tutti noi), ma anche che sappia mostrarci, ogni tanto il lato buono (che spesso è quello giusto) delle cose.