lunedì 13 giugno 2011

Le dinamiche del carpe diem

L'altro giorno ho visto "Io e Annie", Woody Allen, 1977.
Non mi ha mai fatta impazzire, Woody Allen. Cioè, sentivo parlare di questa genialità, delle nevrosi, di New York, dell'umorismo etc, ma in nessuno dei suoi film ho mai trovato questi elementi. Credo, a questo punto, che quando si parla di Woody Allen, si faccia sostanzialmente riferimento a "Io e Annie".
Geniale, davvero. Ho aperto numerosi spunti di discussione con me stessa. Primo fra tutti la mia teoria (condivisa anche da V.) che gli amori impossibili sono i più belli. Quelli che sai già che finiranno. Perchè il film parte dalla fine di una storia d'amore mica per niente. Non sono proprio quegli amori con la data di scadenza, quelli tristi e un pò patetici, quelli che finiscono con un certo squallore. No, sono quelli intensi, e travolgenti. Quelli che, siccome sono impossibili, e improbabili e mal funzionanti dall'inizio, difettosi, magari con la confezione un pò ammaccata, assumono quell'aura di imprevedibilità, di mistero, di fascino...si il fascino della caducità (è lo stesso concetto del "è meglio una vita breve ma intensa piuttosto che una lunga ma noiosa", lo stesso concetto del "la vita umana è bella perchè siamo mortali"...non so se mi spiego).
Da qui ho cominciato a ragionare sull'intensità delle esperienze: perchè carpe diem? Perchè devo cogliere l'attimo? E soprattutto: ma quale cavolo di attimo devo cogliere? Avete mai riflettuto sulla reale portata della poesia "chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza"? A scuola ci insegnano che la parte importante è "del doman non v'è certezza", questo benedetto carpe diem.
Secondo me la parte fondamentale e veramente rivoluzionaria è il "chi vuol esser lieto sia"! Perchè solo chi VUOL esser lieto lo sarà, ancora una volta non so se mi spiego. Ci vuole più coraggio nell'esser lieti, a volte, che nel cogliere il fantomatico attimo fuggente ("Oh capitano, mio capitano!").
Ce ne vuole un sacco di coraggio (che non è la mancanza di paura, ma la consapevolezza che ci sia qualcosa di più importante della paura) per essere lieti, anche perchè, se vi siete mai messi a ragionare sul rapporto che corre tra le parole "voglio" e "devo", vi sarete resi conto che c'è un muro più sottile di quanto sembri, a separarle.  "Voglio" e "devo" sono separate da una parete di carta di riso, come i giapponesi, e sentono i reciproci sussurri. Tra "voglio" e "devo", passa solo lo spazio di un tempo verbale. Perchè quello che oggi "voglio" e non faccio, domani sarà solo un "dovevo".

Nessun commento:

Posta un commento