mercoledì 22 giugno 2011

L'armonia

Grazie Lucy (http://lucyofftheblues.blogspot.com/2011/06/blogs.html). Davvero, il tuo post mi ha offerto nuovi spunti. Ho riflettuto su un paio di cosette e approfitto del fatto che sono divorata dall'insonnia per rispondere (non so quanto, di quello che scriverò, avrà ancora senso tra qualche ora...chiedo venia per questo).
Ho pensato primariamente agli stereotipi. Barbie, Ken, Cenerentola, Biancaneve, Azzurro di Shrek...cosa c'è di vero? Siamo davvero tutti riconducibili a poche categorie prestampate? Oppure possiamo definirci individui apieno titolo? Siamo qualcosa di speciale o, alla fine, l'estremo dell'anticonformismo è il coformismo? Provo a spiegarmi con un esempio: da che mondo è mondo la gente fa figli. Miliardi di neonati nel mondo e nella storia. Ogni giorno genitori sull'orlo di una crisi di nervi combattono contro l'ultima mania di adolescenti pretenziosi e viziati, entrando in un tunnel di routine stritolante (e già questa affermazione non si addice ad un discorso che vuole dimostrare l'inservibilità degli stereotipi..). Eppure, ogni giorno ci sono miliardi di coppie che decidono di avere un figlio al grido "il nostro sarà diverso". Dolce illusione. Lo stesso vale per le storie d'amore. "La nostra è diversa, noi siamo speciali". Ma perchè? Credo che l'unica differenza rispetto a tutte le altre storie d'amore del mondo siano i protagonisti. Per questo mi piace pensare che le esperienze siano importanti e, fondamentalmente, siano le colpevoli delle differenze che, grazie al cielo, ci caraterizzano. Le decine di esperienze che si possono provare nella vita, moltiplicate per il numero di reazioni alle stesse che ognuno può avere, pari al numero di individui presenti sulla faccia della Terra, danno un numero di possibilità che si avvicina molto (se non la raggiunge) all'imprevedibilità.
E se siamo davvero tutti legati da questo fil rouge, da questa equazione I = E x Rn (Imprevedibilità = Esperienza x Reazioni elevate ala n), come possiamo capire qual'è il modo giusto di comportaci in relazione agli altri? Voglio dire, in che misura il maschietto che punta al cervello della stragnocca sa che otterrà qualcosa? Che ne sa che, per quella stragnocca in particolare, un complimento alle sue scarpe nuove vale più di mille citazioni filosofiche? Vale anche il contrario naturalmente: che ne sa, il maschietto in questione, che la stragnocca preferisce sentire una conferenza sul tema "Essere ed essenza. Dare o avere. Corrispondenze biunivoche in un mondo a senso unico", piuttosto che sentirsi dire che ha dei bei capelli? Funziona anche con la bruttina: ti trovi davanti un topo di biblioteca e attacchi con la tiritera dell'essere/essenza, salvo scoprire che la sua priorità era sentire le lodi della profondità dei suoi fondi di bottiglia. Tutto questo per dire, in chiave anche un pò scherzosa, dai, non prendiamoci troppo sul serio, che la cosa più bella, in una relazione umana (amorosa, amichevole o altro) è l'imprevedibilità. Fa parte delle regole del gioco. Anzi è proprio questo il gioco! Vince chi attraversa tutto il campo minato senza scoppiare per aria, chi attraversa il fossato senza svegliare i coccodrilli. Mentre mi rigiravo nel letto, prima di cedere definitivamente alla mancanza assoluta di sonno, ho pensato ad una bella metafora.
Io non mi intendo di musica, tecnicamente parlando. Da bambina dovevo essere abbastanza portata, ma questa mia inclinazione non è mai stata coltivata, sta di fatto che il mio approccio al pianoforte si limita a saper suonare "Oh Susanna!" con i tasti neri...Però ogni tanto mi diverto a mattermi alla prova, e vedere se sono capace di riprodurre un motivetto a orecchio (in pieno stile "pestanote" usando solo l'indice). Provo a schiacciare un tasto e vedo se ci sta bene, nell'economia del mio motivetto (ultimamente sono in trip con la musichetta della Barilla - anni '80 nostalgia...), lo riprovo, pr vedere se suona bene, poi vado avanti, accosto un pò di suoni fino a sentire qualcosa che si avvicina alla musichetta desiderata. Ecco, credo che una relazione umana sia un pò così, come una musica suonata a orecchio, dove i protagonisti sono mano destra e mano sinistra, e cercano dicreare l'armonia del brano senza avere nessuno spartito, senza sapere se stanno suonando la "Sonata al chiaro di luna" o la musichetta della Barilla, spesso sbagliando tasto e creando una stonatura. Ma siccome dalle mie ultime elucubrazioni è emerso che il mondo oggettivo non esiste, chi ci dice che quella che per tutti è una stonatura, nell'economia di un rapporto non si armonizzi alla perfezione?

1 commento:

  1. grazie a te

    http://lucyofftheblues.blogspot.com/2011/06/uh-signur.html

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