Le W.O.M. in mission a Milano (la nostra location preferita in assoluto...).
Il solito treno delle 13.20 è partito puntuale dalla stazione Nord Varese, e le cavolate sono cominciate subito. Abbiamo spaventato una quantità di ragazzini che dividevano il vagone con noi e poi sono scappati: facevamo troppo pollaio (traspare anche dalle foto che abbiamo scattato, tutto il pollaio che abbiamo fatto...dai tre tentativi di C. di scattare una foto decente a me e V., alla foto dei nostri piedi in autentico stile liceale, alla foto di V. che cerca di pulire la gamba dei miei pantaloni dopo averla sporcata con un calcio, mentre lacrimava dal ridere. Tra l'altro era la seconda risata lacrimosa della giornata... la prima dopo aver visto A. che imitava P. ...una cosa per cui, giuro, vale la pena pagare...).
La mission, come abbiamo spiegato a R, al Central Perk, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, prevedeva uno shopping sfrenato da Kilo Fashion, avvenieristica frontiera della moda a buon mercato. In realtà abbiamo trovato un magazzino freddo e triste, con la musica a palla per confondere le idee ai poveri avventori che tanto non saprebbero come orientarsi comunque in quel dedalo di maglioni e magliette, scarpe e borse...ma diciamolo...chi non sarebbe disposto a spendere un pò di più per comprare le stesse cose in un negozio vero? Cioè, non sto giustificando i prezzi astronomici dell'alta moda milanese, ma vedere una borsa con scritto D&G buttata in mezzo ad un mucchio di altre borse uguali, impolverate e tristi, la rende meno appetibile di una borsa del mercato. So benissimo che mettere una borsa con scritto D&G su uno scaffale lucido tutto per lei, illuminata da un faretto, come se fosse un oggetto preziosissimo, unico al mondo, fa parte di una strategia commerciale per convincermi a spendere migliaia di euro per avere quella borsa... ma per NON comprare quella famosa borsa, preferisco vederla in una vetrina super fashion, piuttosto che in un magazzino triste...no? Perchè se è vero che non spenderei 1000 euro per una borsa in boutique, non ne spenderei nemmeno 10 per una borsa impolverata su uno scaffale buio.
Così la mission è fallita miseramente, anche perchè nè HM, nè Zara, nè nessun altro negozio che proponesse la sua merce al pubblico di Corso Vittorio Emanuele (composto prevalentemente da stranieri...anzi ad un certo punto una russa mi ha detto qualcosa tipo "bushu"...chissà...) è riuscito ad affascinarci adeguatamente.
Ci siamo consolate con il consueto panzerotto da Spizzico in stazione...e sul treno del ritorno abbiamo spaventato un signore chiedendogli di scattarci la foto del ritorno...dopo averci assecondate una volta, quando gli abbiamo fatto notare che la foto era buia e gli abbiamo chiesto di scattare di nuovo, ha battuto miseramente in ritirata, ovvero è letteralmente scappato.
Durante il viaggio il tenore delle discussioni si è alzato...il tema odierno è: "è preferibile la dicitura lavoro parasubordinato o parautonomo?" Abbiamo convenuto che, forse, per come è interpretato nella prassi è meglio parasubordinato, per quanto il legislatore probabilmente si era immaginato una figura di lavoro parautonomo...dicoamo che è un subordinato un po' para....
Arrivate a casa, eravamo un pò abbattute per il fallimento di questa mission, ma d'altronde non che si può vincere tutte le mission...no?
Comunque...stamattina al bar V. mi ha detto che, d'ora in poi vuole vivere ogni giornata come una mission degna di un post.
Sono d'accordo.
E sono pronta per la mission di domani!
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