Ok, lo ammetto. Le ho cercate. Non lo faccio mai, perchè preferisco farmi un'idea mia e poi confrontarla con le altre. Invece stavolta sono andata a cercare le interpretazioni date di questo film. Si, perchè se la persona stessa che te lo consiglia, in calce ti dice che non ha senso, qualche dubbio te lo fai venire. Se poi la presentazione dice testualmente: "Film enigmatico in bilico tra realtà e mistero, da sentire più che da capire razionalmente, tentati dalla smania dell'interpretazione...", beh come direbbe Barney Stinson "sfida accettata!".
La prima domanda che mi sono fatta è perchè Parigi nei film sembri sempre così bella (e perchè in questo film in particolare sia così gialla...itterica!). Io ci sono stata a Parigi...e dopo che un ratto gigante ha attraversato la strada a due centimetri dai miei piedi, la storia tra me e Parigi è finita per sempre. Ratti a parte...La Parigi dei film è come l'amore dei film (sarà che entrambi sono falsi?). Alimenta un sacco di aspettative sbagliate.
La seconda cosa che ho pensato riguardava appunto il giallo (che tuttora non mi spiego...cioè cosa vuol dire? Ha a che fare con la luce? Un mondo a lume di candela? Un colore uniforme che impedisca di distinguere il giorno dalla notte? Mah..) e ho pensato alla scena di Arancia Meccanica in cui Alex sta guardando uno dei film della Cura Ludovico e dice che è buffo come i colori del mondo sembrino realmente veri solo quando li si vede sullo schermo. E notavo appunto, non tanto quanto sembrassero veri i colori sul mio schermo, ma quanto mi dessero l'impressione della realtà.
La terza cosa che ho pensato, l'ha pensata anche Kubrick (e sono soddisfazioni!), e preferisco farla dire a lui: "Esemplificando i concetti attraverso l'azione drammatica della storia essi acquisiscono il potere aggiuntivo di permettere al pubblico di scoprire quello che sta realmente accadendo piuttosto che semplicemente raccontarglielo. Lo fanno con tale abbagliante abilità, che non riesci a percepire il sopraggiungere dei concetti narrativi e a materializzarli prima che questi non abbiano già raggiunto da tempo il profondo del tuo cuore."
Questa frase era riferita al regista Kieslowski e alla sua capacità di drammatizzare.
Effettivamente questo, è uno di quei film che non raccontano nulla, o meglio, non raccontano una storia ma lasciano che sia lo spettatore a viverla. Sono film difficili, che richiedono una certa concentrazione, e che spesso ho paura di non saper affrontare. Solitamente la storia si dispiega lungo la pellicola in maniera abbastanza elementare...soprattutto ad Hollywood. Diciamo che la maggior parte dei film sono a prova di idiota. Altre storie invece non vengono raccontate. E' difficile da spiegare, perchè una storia deve pure esserci, è che certe volte mi sento sola davanti ad un racconto senza narratore, e ho paura di arrivare alla fine e non aver capito nulla.
Comunque, in tutta sincerità, io un senso l'ho trovato. Magari un senso che trascende la realtà, magari un senso troppo senso...però un senso c'è, secondo me. Anche perchè che senso avrebbe raccontare una storia senza senso? Che poi, voglio dire, al di là del senso che si può trovare, va da sè che certi perchè rimangono senza risposta...
Comunque, nella foga mi sono anche dimanticata di fornire i dati essenziali: "La doppia vita di Veronica", Kieslowski, 1991.
E c'è da dire anche che quando ho letto l'anno del film (di solito mi informo prima, stavolta dopo) mi ha fatto specie una cosa! Non mi sono sprpresa, avevo capito che giravamo intorno alla fine degli anni '80, ma nel 1990 è uscito "Pretty Woman"! Non vorrei sollevare inopportuni paragoni (anche perchè "Pretty Woman" è proprio uno di quei film a prova di idiota...) ma ho avuto un flash!
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