Un medico cura il malato, non il sano. Assunto di pura logica.
C'è qualcosa di malato in un sano che pretende l'intervento di un medico. E c'è qualcosa di malato anche in uno che nasconde i sintomi per apparire sano.
C'è qualcosa di malato nell'università italiana. E se c'è qualcosa di malato nell'università italiana in generale, allora l'Insubria è terminale.
Una grande, malandata, decrepita, orgogliosa, patetica bambina che fa i capricci per non andare dal dottore.
Data la premessa in diritto, passo all'esposizione del fatto.
Sala tutor. Ne parlo spesso, ora la descrivo: è una stanza al quarto piano, piccolina, ci stanno a stento due scrivanie e tre sedie (a volte quattro, quando abbiamo ospiti..); c'è un attaccapanni appeso al muro con quattro ganci di plastica, una finestra grande con la tapparella elettrica e la veneziana; su ogni scrivania c'è un computer e una stampante, un portapenne e cancelleria varia; infine c'è un armadio un pò scassato e, elemento imprescindibile, la nostra ormai famosa stufetta elettrica. Io e gli altri abbiamo cercato di personalizzare l'ambiente: ho appeso una meravigliosa targa della scorsa Winter Marathon, C. ha appeso la bandiera italiana e un poster (molto spassoso), R. una foto della Sardegna. Abbiamo appeso anche la bandiera svizzera perchè ci piaceva.
Oggi questa stanzetta delle dimensioni di uno sgabuzzino un pò obeso è stata il centro del mondo, luogo da cui promanava luce.
Oggi è saltata la corrente in tutto l'edificio. Risultato: niente computer, niente telefoni, niente ascensore, niente riscaldamento (!!), ma soprattutto niente luce, visto che la tecnologia ha sentito il bisogno di invadere anche il semplice mondo delle tapparelle (solo la nostra era aperta...).
Morale della favola: la segreteria è rimasta senza energia per tutta la mattina (e probabilmente lo è ancora) e R., nel suo ufficio, nella penombra, faceva tanto il Padrino (ho riso un sacco!).
In compenso l'edificio straripava di persone con pettorine rosse che vagavano tipo formichine operose (nessuna delle quali dava l'impressione di essersi accorta del buio...) indicando crepe nei muri e macchie di muffa, bacheche sgangherate e tane di topi, insomma, tutti quei problemi che sarebbe opportuno nascondere in vista della visita del Presidente della Repubblica. Sì, perchè l'aula magna l'abbiamo già ritinteggiata, la siepe è stata tagliata, il rettorato tirato a lucido. La malata ha nascosto ad arte tutti i suoi sintomi, pronta per apparire sana e rosea alla visita del dottore. Mancano giusto quelle due o tre cose tracurabili (ormai è diventato noioso elencarle..), ma tanto l'itinerario presidenziale è prestabilito e non c'è pericolo che veda cose compromettenti. Come la muffa. O l'ascensore. O la povera stufetta elettrica. O gli studenti. E certo perchè se il Presidente della Repubblica fa visita all'Università dell'Insubria, questa fa di tutto per nascondere gli studenti, come untori di peste bubbonica, riottosi contestatori, orripilanti mutanti da fogna, e anzi cerca di tenere nascosto l'evento, sospende le lezioni e chiede che i ragazzi usino la gentilezza, se proprio dovessero trovarsi lì lunedì pomeriggio, di defilarsi nelle retrovie, e di non passare davanti all'edificio vicino all'aula magna, non sia mai che spargano il loro germe di morte sull'Autorità.
Vorrei lanciare un appello da questo piccolo blog ignorato da tutti (anzi, mi sovviene una battuta del fumetto Mafalda:"lancio un appello dalla mia seggiolina...tanto sembra che oggi come oggi l'Onu, il Vaticano e la mia seggiolina abbiano lo stesso potere di persuasione..."):
Egregio Presidente,
forse abbiamo perso di vista l'obiettivo.
Se è lecito chiedersi "che mondo sarebbe senza Nutella?", lo è ancra di più chiedersi "che università sarebbe senza studenti?". Cosa sarebbe?
Un dedalo di corridoi vuoti con pagliuzze secche spinte dalla corrente in pieno stile western. Un'accozzaglia di volumi ingialliti e muffosi le cui pagine vuote nessuno sfoglierà mai.
Un muro di cemento armato, un posto di blocco culturale, una diga che trattiene il sapere, senza nessuno a cui trasmetterlo.
Che posto triste sarebbe, Presidente, questa università senza anima, senza vivacità.
E che posto triste sarebbe il Futuro (leggi fututo indicativo: sarà) se l'universtà si ostinerà a nascondere la sua risorsa più importante, la sua benzina, i suoi studenti.
Grazie per l'ascolto.
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